L’idea delle città di fondazione e il ritorno alla terra
di Marina Cozzo –
L’intenso e alacre lavoro di creazione di nuovi centri cittadini, nonché dei borghi dell’Agro Pontino, rispondeva al progetto ideologico del fascio di realizzare, sotto un’ottica tradizionalista, il ritorno alla terra, in antagonismo con il grande fenomeno di urbanizzazione e industrializzazione del XIX secolo.
Tale antiurbanesimo fu dichiarato durante il “Discorso dell’Ascensione” pronunciato da Mussolini al parlamento, il 26 maggio del 1927: fondamentale, anche per combattere la denatalità del periodo, era limitare la crescita urbana e ripopolare le terre abbandonate.
Questa politica andava a generare, peraltro, una classe sociale di piccoli mezzadri o proprietari agricoli, legati alla terra con tutta la famiglia.
Le aree decretate venivano recuperate quasi sempre attingendo a terreni demaniali incolti o da bonificare, che venivano ceduti all’ente incaricato della bonifica, spesso l’Opera Nazionale Combattenti.
L’O.N.C. provvedeva alla pianificazione, all’appoderamento ed all’assegnazione dei vari appezzamenti a famiglie di mezzadri che in cambio avrebbero riscattata la proprietà.
I nuovi centri avevano uno scopo economico e sociale, in quanto volevano essere centri propulsivi dello sviluppo (agricolo o industriale, a seconda dei casi) di zone precedentemente poco o nulla abitate, come l’Agro Pontino e il Metapontino.