“La mia medaglia più bella? La ricevo ogni giorno”
Il Karate di Gina Ragazzo –
di Marina Bassano –
La personalità esplosiva di Gina si nota all’istante, ancora prima di iniziare l’intervista:
“Mio fratello diceva che ero timida, ma io non riesco a ricordarmene: faccio fatica a immaginarmi così. Ho iniziato a 19 anni in mezzo a tutti uomini. Con il karate è stato amore a prima vista: ho sentito il senso di energia, di rispetto vitale tra le persone. Mi sentivo potente e allegra nello stesso tempo e pari agli uomini”.
La carriera di Gina è appesa alle pareti della palestra e nel piccolo “museo” di casa sua:
“Gareggio sia nel katà, specialità di tecnica figurata, sia nel kumitè che è una tecnica di combattimento. Sono specialista e coach nazionale di katà dove la cosa più importante è il sincronismo. Il concetto base dell’arte marziale prevede rigore e disciplina; il karate è più completo delle altre perché utilizza il corpo in tutte le sue parti e esteticamente parlando risulta più elegante. Personalmente ho ricevuto moltissime gratificazioni fuori dal campo come l’incontro con Ciampi; quelli con tanti ambasciatori nel mondo che mi hanno dato il segno tangibile di quello che avevo fatto nello sport; Latina mi ha dato il riconoscimento come cittadina benemerita per lo sport; il Coni la stella d’argento al merito sportivo; sono membro d’onore della Federazione mondiale KOI; migliore istruttore per l’anno1992, titolo importante per una donna dato che nel mio sport non sono molte e soprattutto non rivestono ruoli dirigenziali. Parlando di risultati sportivi per me è stato particolarmente significativo il 1987, anno nel quale ho vinto il campionato italiano a Milano”.
L’impegno profuso da Gina si riversa anche positivamente sul nostro territorio, oltre alle innumerevoli medaglie che i suoi atleti hanno vinto e continuano a vincere nelle manifestazioni sparse in giro per il mondo, nel Luglio 2008 è riuscita a portare a Latina la Karate World Cup con dieci giorni di gare al Palabianchini; 174 nazioni per 1200 atleti sono stati i numeri di questa manifestazione importantissima.
La personalità non può che essere un’arma in più da trasferire agli allievi:
“Ai miei ragazzi cerco di trasmettere l’allegria e la positività. Questa disciplina non deve opprimerli ma dar loro energia e se posso cerco di passargli la mia. Le ragazze sono più meticolose e controllano molto i dettagli ma per me è più facile istruire i maschi perché sono più lineari. Quando capita qualche incomprensione vedo che c’è difficoltà a parlare apertamente, mi sforzo di intuire il problema e di fare un passo verso di loro specialmente con i più giovani. Un allenatore non deve essere paragonato a un genitore, perché il suo compito è quello di “dare ordini”, ma allo stresso tempo deve avere la sensibilità di cogliere gli umori delle persone che ha davanti. A volte le difficoltà maggiori si incontrano proprio con i genitori che per eccesso di affetto pensano di dover gestire i figli anche in questa situazione; grazie però a degli scambi di opinioni si giunge a un rapporto di collaborazione”.
Ideatrice della Federazione KOI Italia della quale è presidente, Gina ha un’opinione precisa sul rapporto karate-olimpiadi:
“Il karate è riconosciuta disciplina olimpica ma non è ancora inserita per soprannumero di discipline esistenti. Considerati i 50 milioni di praticanti nel mondo, sarebbe una cosa logica farla entrare a tutti gli effetti. Purtroppo si riduce tutto a una questione d’interesse economico, per cui chi ha i soldi va avanti, gli altri restano a guardare; le olimpiadi sono diventate quasi un negozio”.
Hiroshi Shirai, il maestro giapponese con il quale si è formata, e Tommy Morris, presidente della KOI International, sono i due punti di riferimento per Gina oltre al fratello Giuseppe che l’ha avvicinata al karate.
“La medaglia virtuale è quella che ricevo dalle persone di 87 anni che ogni giorno vengono in palestra con il loro borsone. Grazie a loro sento che il discorso che portiamo avanti in questa palestra ha un senso”.