Gli innumerevoli volti dell’arpa. Lucia Bova, 12 maggio, 20:30, Auditorium Goffredo Caetani di Latina
riceviamo e pubblichiamo –
L’arpa è uno strumento antichissimo. La sua semplicità lo ha reso compagno onnipresente nella storia dell’umanità: non c’è infatti civiltà al mondo o nella storia dell’essere umano che non abbia conosciuto una forma seppur rudimentale di questo strumento.
Uno dei periodi di maggiore splendore lo ha avuto in Italia nel Cinquecento e nel Seicento. Cronache e documenti di archivio dell’epoca testimoniano il sontuoso passato di questo strumento, la sua diffusione e la passione che principi, sovrani, mecenati, musicisti e compositori nutrivano nei suoi confronti. L’arpista di corte godeva di privilegi che altri stipendiati non avevano: ottimi stipendi e la dote (nel caso delle signore), abitazioni, corredi di ottima fattura e strumenti musicali costruiti dai più apprezzati liutai dell’epoca. Ciò era fatto per accaparrarsi gli interpreti più bravi, in un’epoca in cui la musica era considerata uno status simbol. La considerazione dei musicisti era tale che in occasione di particolari festeggiamenti (matrimoni, nascite di primogeniti, ecc.) oltre a doni di ogni tipo si usava inviare gli arpisti della propria corte per omaggiare i festeggiati anche con la musica e per ostentare la propria “grandezza”.
Dalla fine del Cinquecento e per tutto il Seicento l’arpa fu ampiamente usata nelle prime opere dell’epoca e negli oratori. Non solo perché il suo suono fu considerato particolarmente adatto per accompagnare il canto, ma anche per il suo aspetto estetico e per il suo valore altamente simbolico. Se infatti da un lato le arpe dell’epoca erano capolavori artistici di incredibile bellezza, dall’altro richiamavano alla memoria la cultura greca, con i miti di Apollo e Marsia, Orfeo e Archimede Pitagorico. Parallelamente l’arpa fu anche uno dei maggiori simboli della Chiesa cristiana, in quanto Re David è solitamente rappresentato nell’atto di suonare un’arpa per ammansire il leone.
L’arpa è stata ed è tutt’oggi uno strumento molto importante anche nella musica popolare in diverse zone del mondo. Nel Nord Europa o nell’America del Sud può essere quasi considerata lo “strumento nazionale”. Gli irlandesi per esempio hanno un’importantissima tradizione di arpa popolare suonata non solo da musicisti professionisti, ma soprattutto dalla gente comune, da nobili e da sovrani. Per questo essi mostrano con orgoglio una piccola arpa stampata sulle loro bandiere o coniata sulle loro monete per ricordare a tutto il mondo quanto siano fieri della propria storia e delle proprie tradizioni.
In Sudamerica l’arpa è diffusissima e estremamente popolare in paesi come Perù, Paraguay, Bolivia, Messico, Equador e Venezuela. In quelle terre arpisti itineranti trasportano le proprie arpe, più piccole e leggere di quelle classiche, in spalla e le suonano stando in piedi. Il loro repertorio si caratterizza per le melodie avvincenti, le complessità ritmiche e l’uso di virtuosismi e sonorità poco presenti nella musica colta europea.
Nonostante tutti questi volti dell’arpa, in Italia, nell’immaginario collettivo, essa è spesso associata unicamente all’esecuzione di composizioni del Settecento oppure ai salotti ottocenteschi dell’alta borghesia nei quali giovani fanciulle di buona famiglia intrattenevano gli invitati con suadenti melodie romantiche. Eppure l’arpa offre molto di più ed è quanto intende proporre Lucia Bova (docente di Arpa del Conservatorio “Ottorino Respighi”) nel suo prossimo Recital d’arpa che si terrà il 12 maggio alle ore 20:30 presso l’Auditorium Goffredo Caetani del Conservatorio di Latina.
La prima parte del concerto presenta diversi esempi di scrittura a partire dal tardo-romanticismo di Alphonse Hasselmans e dall’impressionismo di Gabriel Fauré per sfiorare le atmosfere giocose e impenetrabili di compositori del Novecento quali Sergej Prokof’ev, Benjamin Britten e Carlos Salzedo. La seconda parte invece intende mettere in luce un volto ancora molto poco conosciuto dell’arpa che ci proviene dalle sue tradizioni popolari. Da queste tradizioni sono arrivati a noi un’infinità di nuovi modi d’esecuzione che contribuiscono a fare di questo strumento uno strumento “orchestrale”, in grado di emettere più “voci” e più colori, contemporaneamente. Questi modi d’esecuzione, utilizzati da molti compositori contemporanei, sono stati introdotti molto efficacemente in alcune bellissime musiche del compositore cubano Alfredo Rolando Ortiz o in quelle dal “sapore” esotico di Bernard Andrés e di Carlos Salzedo. Questi lavori, presentati da Lucia Bova nel suo concerto, propongono un virtuosismo strumentale molto diverso da quello “classico” ed estremamente accattivante, un virtuosismo che consentirà di vedere l’arpa sotto una nuova luce, più energica, più dinamica e più divertente. (Lucia Bova)