IL film: “7 minuti”, la settima arte che fa luce su Latina.
di Francesco Gagliardi –
Latina, esterno di un giorno cupo e tetro, freddo come il rapporto che non può esserci tra lavoratore e capo in tempi di piena crisi economica, prima ancora di valori umani, in attesa di una luce che riaccenda quel benessere personale e indispensabile per ogni persona. Sono le prime immagini che scorrono, quelle del nuovo film di Michele Placido, coadiuvato dalla Film Commission di Latina, intitolato “7 minuti“. Il tema del lavoro è centrale nella vita di tutti così come in questo film, in un plot semplice (Stefano Massini riadatta una storia vera francese a testo teatrale e cinematografico) e attraverso la suspense che pone al pubblico una domanda dal carattere referendario: “Siamo disposti a rinunciare a qualcosa per mantenerci il nostro posto di lavoro?”.
Ecco che quei sette minuti tolti dalla pausa lavorativa per trarre maggior profitto per le aziende, diventano l’emblema di un declino sociale che va a consolidarsi sempre più negli ultimi anni. Per il resto, il film si lascia amare per i contrasti all’interno del nucleo delle stesse dipendenti -sono tutte donne, come la redazione di questo magazine ED -, chiamate a decidere le loro sorti e, paradossalmente, anche quelle aziendali, in quanto immancabile forza lavoro. L’incomunicabilità tra le parti è sospesa dal passaggio di una lettera che la nuova socia di maggioranza francese, fa recapitare al nucleo operaio, incurante per tutta la durata del film, dei bisogni e delle opportunità delle sue future dipendenti, facendo solo attenzione a trarre il maggior profitto.
Un film che fa riflettere e che mi ha fatto fare diverse considerazioni: in primis, la capacità dei giovani d’oggi a piegarsi alle volontà di capi e colleghi “più longevi”.
Personalmente posso ritenermi fortunato finché faccio il lavoro che amo fare (il videomaker), a proposito di film, perché io devo parlare per immagini e quei 7 sette minuti nel mio settore, o non esistono o durano giorni: a 31 anni mi sono già imbattuto in due casse integrazioni e perdita di dignità pur di salvare il lavoro.
Indubbiamente esistono lavori più pesanti e meno riconosciuti; mi vengono in mente i lavoratori delle tante aziende chiuse nel recentissimo passato, dal Consorzio di bonifica con più di quattro mesi di stipendi non pagati, alla Tacconi sud che rievoca verosimilmente il film.
La domanda che è sorta più spontanea: “Cosa succederebbe se questo sciopero non riguardasse più il break giornaliero, ma il mancato pagamento delle mensilità?”
La crisi economica c’è, e spesso per queste aziende può capitare che alla fine ci siano terzi a prendere decisioni.
Resta che da parte di molti imprenditori manca la chiarezza nei rapporti con il personale: spiegare situazione e scelte e informare tutti della situazione economica e delle difficoltà, rendendo indirettamente complici e fare luce su quella che viene definita la “mission aziendale”, affinché si possa remare tutti nella stessa direzione.
Se questi “sette minuti” potessero essere impiegati in questo modo, il finale potrebbe essere diverso.
Sicuramente migliore.