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Al cinema: “La ragazza del treno”, dal libro al film

di Marina Bassano –

Il thriller bestseller di Paula Hawkins, La ragazza del treno, arriva sul grande schermo nella trasposizione di Tate Taylor. Il film non riesce fino in fondo a rendere l’atmosfera del libro, che è incentrata sui complessi intrecci psicologici e temporali delle tre donne protagoniste: Rachel, Megan e Anna.

La storia è incentrata su Rachel, la cui vita è stata rovinata dall’alcol, motivo per il quale ha perso il lavoro, il marito e la casa, che tutti i giorni prende un treno per andare in città a passare le sue giornate, facendo credere alla coinquilina che si recasse a lavoro. Nel tragitto passa davanti la casa di Megan e Scott, che a suo modo di vedere rappresentano il vero amore, e nutre una sorta di curiosità crescente per le loro vite osservate dal finestrino. Accanto alla loro, c’è la casa dove un tempo abitava con l’ex marito Tom, dove ora lui vive con la nuova moglie Anna e la figlia.

Rachel si trova coinvolta nella scomparsa di Megan, e l’intrigo si estende al suo ex marito e ad Anna, per la quale Megan lavorava.

Una pur brillantissima Emily Blunt nei panni della protagonista Rachel, non basta a rendere il film accattivante e vicino alla tensione costante del libro. La Blunt recita per tutto il film praticamente senza trucco, e ben si cala nei panni di un’alcolista recidiva qual è Rachel. Ma la parte fondante del libro, i pensieri, le macchinazioni e le paure della mente, le speranze e il dolore, di tutto ciò non resta praticamente traccia, nascoste dall’incalzare della trama narrativa. Le altre due attrici sono una Haley Bennet, di una bellezza disarmante, che ben incarna il ruolo di seduttrice di Megan, e Rebecca Ferguson nel ruolo di Anna, forse troppo forzatamente e troppo evidentemente somigliante a Megan.

Perde valore anche il confronto tra le donne, così diverse tra loro eppure così uguali, legate indissolubilmente da un filo che le attraversa, unite nelle debolezze e nelle insoddisfazioni verso il sesso opposto, che per una di loro sarà fatale. Altro tema che le unisce è quello del ruolo di madre, negato in Rachel, nascosto e tenuto segreto quale causa di estremo dolore in Megan, e estremizzato nell’apprensione in Anna.

Anche l’ambientazione non convince del tutto, trasposta dai sobborghi londinesi alla periferia di Manhattan, dettagli forse secondari ma che nel contesto generale vanno a scalfire ulteriormente la vicinanza all’opera madre.

Resta in ogni caso un film da vedere, che premia un’interpretazione femminile sopra la media e che, per chi non ha letto il libro, fa venire sicuramente voglia di rimediare.

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Marina Bassano

Redattrice