Miss Peregrine – La casa dei ragazzi speciali: un Tim Burton ancora coinvolgente
di Marina Bassano –
Tim Burton torna sul grande schermo con la regia di Miss Peregrine- La casa dei ragazzi speciali, adattamento del libro di Ransom Riggs, giovane scrittore e regista di cortometraggi americano. Nel 2011, su suggerimento del suo editore, ha preso spunto dalle foto antiche più strane che possedeva per costruirvi sopra una narrativa. È nato così il fantasy.
Nei toni cupi e freddi di un Galles reale si contrappongono i colori brillanti e vivaci della casa dei ragazzi, sospesa in un’irrealtà magica, dimensione nella quale si sviluppa a pieno la capacità di Burton di dare vita alle fantasie gotiche e dark della sua mente.
Asa Butterfield interpreta (in maniera convincente) l’adolescente Jacob (Jake) Portman che, in qualche modo, potrebbe quasi essere un alter ego del Burton alla sua età. Jake non ha amici, è deriso dai suoi coetanei ed ha un rapporto difficile con genitori, una madre assente e un padre interessato solo alle sue ricerche che lo vedono quasi come una noiosa distrazione dai loro impegni. L’unico legame profondo è con il nonno malato, il quale ha cresciuto il nipote tra i racconti di mirabolanti avventure a cui nessuno tranne Jake crede. La sua morte improvvisa è il colpo di pistola che darà il via ad una corsa verso un mondo magnifico popolato da creature fantastiche che, proprio come Jake, sono a loro modo diverse dal resto del mondo. Samuel L. Jackson si trova a vestire i panni del cattivo di turno, che perseguita i bambini speciali creando mostri che si nutrono dei loro occhi.
Dopo un inizio molto promettente e intrigante, la trama si fa a tratti poco chiara, nei passaggi tra i vari loop temporali, e la pellicola continua ad affascinare solo grazie a momenti di fantasiosa bellezza e alla spettacolare messa in scena: i costumi e la scenografia confezionano un mondo avvolto in un’infanzia senza fine.
Eva Green è superba nei panni di Miss Peregrine, protettrice dei bambini, protettrice in un certo senso di quell’emarginazione e diversità sempre care al regista, che riesce anche stavolta a coinvolgere lo spettatore e trascinarlo nel suo mondo surreale, anche con una storia non straordinaria alla base. Il tempo è l’altra tematica che fa da padrone nella pellicola, che ci riporta un po’ al Bianconiglio di Alice, con il suo ticchettare, con il suo ripetersi sempre uguale ma diverso.