Per la sezione poesie di ED: “Vocativo Donna” di Renato Gabriele.
VOCATIVO DONNA
di Renato Gabriele –
Fosti tu Pirra
A gettare alle tue spalle
le ossa della Grande Madre
Da cui generò la nuova umanità
Fosti tu la custode del fuoco
Tu vergine vestale
Tu la sacra prostituta del tempio
Tu Giuno Partenope
Tu Venere che battevi
Col croceo sandalo il satiro soccombente
Tu cortigiana tu madre muta
Carica dei tuoi simboli
Di fatica e di sangue nel sangue
È il legame che sempre ci avvince
Edipo e Giocasta
Che sempre ci divide
Con l’orrifico taboo del tuo ciclo mestruo
Tu prefica inconsolata
Tu Saffo a cantare le lucide chiome
Tu baccante impazzita
Tu al fallo priapeo portavi
Ghirlande-vulve fiorite
E a Dioniso iddio della natura umida
Al dio-pazzo-per-le-donne
Al choiropsales
L’éforo delle parti femminili
Colui che crea allucinazioni
E impugna il sacro tirso
Dai pampini d’edera attorti
Tu a Veio onorata
Per la tua lingua forbita
Tu Cassandra inascoltata
Tu Andromaca presaga di dolore vedovile
Tu Didone abbandonata
Dal fondatore di città
Tu ancella obnubilata
Tu trafitta da sette pugnali
Tu malinconica bevitrice di assenzio
Tu discinta eroina sulle barricate
Del 28 di luglio milleottocentotrenta
Tu Proserpina e Demetra…
Potrei continuare
Ma sono cose risapute
Voglio dirti piuttosto
Che t’ho amato ho amato te
Che portasti sul piatto
La testa del Battista
Te che tessevi
L’interminata tela
Te ambigua Circe
Te puttana che conducevi a due a due
I ragazzi dietro la polveriera
Avrai certo sentito dire
Sono tutte puttane
Ho amato la Liz-Rebecca di Ivanoe
Come lo sdolcinato Robert Taylor del film
Ho amato le cosce sode di mia cugina
E ho scritto un brogliaccio d’amore
Lei venuta dalla tenebra
Della notte contigua
Ornata di frutti luminosi
Calzata di rosse scarpine
A punta
Lei dalla doppia natura
Di maga e pavoncella
Lei angelo dei supplizi lei
La donna
Dalla carne dilettosa
Che attossica
La donna lei
Dal corteggio dei succubi lei
La donna
Dall’abbraccio mortale lei
Dal seno dunoso
Dea Flora
Dal grembo generoso di pomi
E le mammelle
Che scoppiano di latte
E la brocca vermiglia dei labbri
E lui che si china
A carezzarle il pube lui
Seguace di Icaro
A spiccare il volo suicida
Tue le simmetrie amorose
Due uomini per lei due per lei
E loro due nello specchio
Uno per una
E l’uomo che le porge fiori
Dopo gli atti sublimi
E l’ebbra dismemoria di sé
Ho amato la Dafne pallida
Dannandomi della sua metamorfosi
Ho amato la mia compagna Lella
Nel nostro gioco a nascondere
Ho amato Giuditta e la Regina di Saba
Ho amato Simonetta Vespucci
E il tuo profilo sulle monete d’argento
E sempre t’ho sognato
Ho sognato un mio harem
Con tutto il ciarpame
Onirico dell’eros
Ho sognato il tuo corpo di latte
E il tuo monte di Venere
Sconciato-deturpato per vendetta
T’ho sognata e mai sono riuscito
A stringerti tra le mie braccia
Di giunco
Ho sognato te che portavi
Bracciate di fiori
Sotto la pioggia battente
E t’ho tradito
Ho tradito te che difendevi
A palmo a palmo
La mia terra dalla gramigna
Te che aspettavi
Sogno a sogno intessendo
Te a cui ho giurato fedeltà
Finché morte
Ma tu
Mi hai sopportato
Sempre hai sopportato
Il tuo figlio
Trucidato
Hai dato il frutto del ventre tuo
A chi ti stuprò
A chi ti donò calze di seta
A chi ti ebbe dal lenone
A chi nel bordello ti prese sorridendo
E sempre ti ho cantato
Ho cantato quella ninfetta
Della figlia di Folco Portinari
Simbolo trasumanato del mio desiderio vano
Perché tu diciamolo non m’appaghi mai
E sempre mi sfuggi e cambi la m
Ho cantato Laura Lucrezia
Ho lodato con Tiziano
Il tuo vasto corpo
Il ventre accogliente
L’origine del mondo degli uomini
E i capelli di seta
Le tue bianche cosce
Con Pablo Neruda
Ho desiderato scavare
Il mio figlio nella tua carne
Ti ho amata e t’ho condannato
Al rogo per la stregoneria
Ho seviziato il tuo corpo
Amando la tua anima
Ho amato il tuo corpo
E distrutto la tua anima
Con te ho toccato
La settima sublimità
Con te ho raggiunto il fondo
Dell’abiezione
Ci siamo odiati e sospettati
Ci siamo temuti e spiati
Ci siamo detti mille volte addio
E mille ci siamo ritrovati
E mille volte
Hai risalito la china
Dell’indifferenza
E dell’abbandono
E ora mi fissi negli occhi
E finalmente pretendi
Che io faccia ammenda
Delle mie colpe
E delle nefandezze
Potrei forse sperare
Di vincerti in dolcezza
E vigliaccamente ricominciare