Valentino Orsolini Cencelli, nobile, politico, scrittore, uomo
di Marina Cozzo –
Nel percorrere il nostro viaggio tra le pianure, i boschi, i corsi d’acqua e i borghi dell’Agro Pontino, incappiamo in diversi personaggi della storia su cui è d’obbligo soffermarsi e non lasciarli andar via con un labile accenno.
Tra essi, spicca e dà pregio al grande lavoro di bonifica e fondazione delle Città Nuove Valentino Orsolini Cencelli, nato a Magliano Sabina il 7 febbraio 1898, dal conte Alberto Cencelli Perti e da Vittoria Orsolini Marescotti, appartenenti entrambi a potenti famiglie di grandi proprietari terrieri e di uomini politici.
Valentino, ultimo di quattro figli dopo Vladimiro, Ferdinando e Maria, per rispetto alla mamma e per non far estinguere il nome della casata materna, ottenne di aggiungere il suo cognome con il regio decreto del 17 maggio 1906.
Studiò giurisprudenza, come il nonno Giuseppe (aiutante di campo di Massimo D’Azeglio) e il padre, per laurearsi nel 1921 all’Università La Sapienza di Roma con una tesi sulla legge elettorale proporzionale.
Intanto si era fidanzato con la contessa Giovanni di Arroni, con cui convolò a nozze nel 1921, e che lo rese padre di ben quattro figli: Eliana (1923-1991), Alberto (1926-1997), Maria Giacinta (1929-1940) e Stefano (1934).
Dedicò la sua vita alle aziende di famiglia, dedite sopratutto alla pastorizia, e della laurea sfruttò la preparazione personale che gliene derivò.
Attivo in politica, si affiancò al movimento dei Fasci di combattimento fondato da Benito Mussolini a Milano nel 1919, organizzando e guidando le azioni squadristiche contro le rivendicazioni contadine e operaie in Umbria e in Sabina.
Forte della sua partecipazione alle dinamiche politiche, alle elezioni amministrative del 17 ottobre 1921 veniva eletto consigliere provinciale dell’Umbria per il circondario di Rieti, nelle liste del Partito nazionale fascista, divenendone il primo d’Italia.
Nonostante fosse privo di una gamba, per un incidente intercorso anni prima, nel 1922 prese parte alla marcia su Roma al comando della centuria degli squadristi della Sabina, avanguardia della colonna umbro-marchigiana al comando di Ulisse Igliori.
Alle elezioni del 1924 fu eletto deputato al Parlamento (XXVII legislatura) per la circoscrizione Lazio-Umbria e confermato nel 1929 e nel 1934. Nel 1939 fu nominato consigliere nazionale nella Camera dei fasci e delle corporazioni.
Così la sua carriera pubblica fu ricca di partecipazioni altisonanti, che lo videro, anche, come: commissario governativo dell’Associazione nazionale famiglie dei caduti in guerra, membro del consiglio di amministrazione dell’Istituto Luce (1930-35), commissario straordinario della Cassa di risparmio di Rieti (1936-40), membro del Consiglio nazionale dell’educazione, delle scienze e delle arti, presso il ministero dell’Educazione nazionale (1939-43). Ricoprì altre cariche, a carattere consultivo o direttivo, nel settore agrario: presidente della sezione agricolo-forestale del Consiglio provinciale dell’economia di Rieti (1927-43), promotore e primo presidente del Consorzio d’irrigazione della media valle del Tevere (1928-44), membro della Commissione per lo studio della carta della mezzadria italiana.
Ma l’incarico più importante fu nel settore della bonifica con la nomina, il 15 settembre 1929, a commissario del governo all’Opera nazionale per i combattenti (ONC), fino al marzo 1935, quando – ripristinata la carica di presidente – questa fu affidata ad Araldo di Crollalanza, ministro dei Lavori pubblici.
Durante la gestione di Orsolini Cencelli l’ONC lavorò in primo luogo per «trasformare il bracciante da lavoratore avventizio a diretto coltivatore dei beni in concessione», e, in secondo luogo, per realizzare le prime tre ‘città nuove’ dell’Agro Pontino, aperte alla campagna e simboli dell’ideologia antiurbana del fascismo.
Dunque, veniva da sè, che alla fondazione di Littoria voluta da Cencelli anche contro la volontà del duce, il conte ne fosse il primo podestà dal 7 novembre 1932 al 26 novembre 1933.
La fondazione di Sabaudia fu annunciata durante il discorso per l’inaugurazione di Littoria: il 5 agosto 1933 ci fu la posa della prima pietra e il 15 aprile 1934 l’inaugurazione di Vittorio Emanuele III. Il 19 dicembre del 1934 fu fondata Pontinia: all’inaugurazione, avvenuta a distanza di un anno esatto, non partecipò Orsolini Cencelli, già uscito dai ruoli dell’ente.
Escluso dalle cariche esecutive, ancorché sempre deputato (lo rimase fino all’agosto 1943) tornò a dedicarsi a tempo pieno all’azienda di famiglia.
Con la caduta del fascismo e la costituzione della Repubblica sociale, fu arrestato con l’accusa di aver appoggiato il governo Badoglio e di aver organizzato una ‘guardia’ in Sabina al di fuori del Partito fascista repubblicano, subendo due brevi periodi di detenzione nelle carceri romane di Regina Coeli.
Per sfuggire ai repubblichini visse nella casa madre dei gesuiti fino alla liberazione di Roma, quando fu arrestato dalla polizia militare alleata l’8 luglio 1944 e ricondotto a Regina Coeli da dove il 12 luglio fu trasferito nel campo d’internamento alleato di Padula.
Il 13 agosto 1944 la procura del Regno presso il Tribunale di Rieti iniziò in contumacia il procedimento penale nei suoi confronti per gli atti di violenza commessi negli anni 1921-22 e per aver costituito, dopo l’8 settembre, un corpo armato alle dipendenze dei tedeschi. Il 14 settembre 1944 il Tribunale provinciale straordinario di Genova della Repubblica sociale lo condannò a morte in contumacia.
Dopo un anno d’internamento a Padula, il 23 luglio 1945 fu condotto nel carcere giudiziario di Rieti dove rimase fino all’amnistia del 22 giugno 1946.
Il procedimento presso il tribunale di Rieti fu riunito al processo pendente presso la sezione istruttoria di Roma il 20 marzo 1946.
Così, il 12 novembre 1946 la Corte d’Appello di Roma – nel procedimento penale relativo i delitti contestatigli di squadrismo e di collaborazionismo con i tedeschi invasori dopo l’8 settembre 1943 – lo dichiarò prosciolto dalle imputazioni insieme al fratello Ferdinando.
Nel 1949 fu chiusa anche la pratica relativa all’avocazione dei profitti di regime.
Nel dopoguerra ricoprì solo alcuni incarichi nell’ambito delle competenze maturate nel settore agricolo: vicepresidente dell’Associazione produttori tabacchi italiani, vicepresidente di Confagricoltura, presidente dell’Ente nazionale addestramento e perfezionamento del personale agricolo e consigliere del Consorzio della media valle del Tevere.
Alle elezioni politiche del 1963 si candidò al Senato nelle file del Movimento sociale italiano ma non fu eletto.
Dalla sua laurea alla sua scomparsa innumerevoli libri scritti da Cencelli sull’Agro Pontino, sull’agricoltura, sulla guerra e, pubblicato solo nell’anno 2000 il “Diario di un prigioniero politico”: tutti pezzetti di vita, passione e lavoro di un uomo legato alla famiglia e alla sua terra, lasciati nero su bianco come ultima eredità di un grande casato.