Donne in lotta. Le giornaliste nella Costituente: Nadia Gallico Spano, un’inguaribile ottimista.
Di Cora Craus –
“Mabruk. Memorie di un ottimista” è il titolo dell’autobiografia di Nadia Gallico Spano, pubblicata qualche settimana prima della sua morte. Come ben si evince dalla narrazione l’autrice per tutta la vita mise al centro dei suoi interessi le donne, e “la questione femminile” fu una battaglia portata avanti tutta la vita. Fu tra le fondatrice dell’UDI, Unione Donne Italiane.
Alcuni anni dopo la fine della guerra rilascia un’intervista al “suo” giornale “NoiDonne” (ne fu direttrice per molti anni) dove ricorda il suo pensiero sul diritto del voto alle donne e i tanti ostacoli incontrati: “il voto alle donne in Italia da parte dei partiti fu un riconoscimento unanime in forza dei meriti acquisiti durante la guerra, cioè l’aver retto l’intelaiatura della società in anni in cui gli uomini erano assenti. Noi donne abbiamo accettato questa impostazione, anche se avremmo dovuto affermare invece il principio del diritto naturale. Tutta la propaganda elettorale per l’assemblea costituente e per il referendum si rivolgeva alle donne che dovevano votare per il prigioniero o per il bambino, per la saggezza amministrativa, cioè sempre per gli altri. Nessun richiamo, mai, era il diritto per sé. Per le donne andare a votare fu comunque importante anche se a sinistra si diceva “mia moglie vota come dico io” e nelle parrocchie il prete ammoniva “Dio ti vede, tuo marito no”, ma nella cabina elettorale le donne per la prima volta hanno scelto di dare la fiducia o magari anche da chi farsi influenzare, ma hanno scelto. Sono state libere.”
Chi era Nadia Gallico Spano? Nacque a Tunisi il 2 giugno del 1916, figlia di emigrati italiani, il padre avvocato collaborava e sosteneva molta della stampa antifascista locale. Nadia insieme ai fratelli e la sorella Diana si iscrivono giovanissimi al Partito Comunista Italiano. A Tunisi conosce e sposa il rivoluzionario sardo Velio Spano, uomo ricercato per le sue attività antifasciste e sul cui capo pendono due condanne a morte. Insieme al marito, in Francia si impegnò nella resistenza al nazifascismo e sotto il regime collaborazionista di Petain, sorto come conseguenza dell’invasione tedesca, su di lei fu emessa una condanna a morte. Grazie all’aiuto dei tanti compagni impegnati per la lotta per la libertà sia lei che il marito riuscirono a tornare in Italia, arriveranno a Napoli nel ’44, subito dopo le “quattro giornate di Napoli”, la città partenopea è devastata dai bombardamenti, una terrificante visione che non abbandonerà più Nadia Gallico Spano. Qui, inizia anche la sua avventura di direttrice del giornale “NoiDonne”.
Subito dopo la guerra si impegnerà all’organizzazione, in collaborazione con il Comune di Roma e la Croce Rossa alla creazione dei “treni della felicità”. Erano treni che portavano verso le famiglie del Nord che avevano dato la loro disponibilità ad accogliere ed educare come propri figli settantamila bambini meridionali orfani di guerra.
I coniugi Spano parteciparono alla nascita della Repubblica Italiana entrambi fecero parte dell’Assemblea Costituente eletti nelle fila del Partito Comunista di cui Velio Spano era dirigente. Tra i molteplici impegni di Nadia Gallico Spano portati avanti con passione e un rigoroso senso della giustizia vi fu la presidenza dell’ANPPIA (Associazione Nazionale Perseguitati Politici Italiani Antifascisti)
Paola Gaiotti De Biase, parlamentare e storica delle donne, più tardi, nel commentare l’autobiografia “Mabruk. Memorie di un ottimista” darà grande rilievo alla “mediterraneità” di Nadia Gallico Spano. Una Mediterraneità che viene fuori anche solo seguendo la mappa dei luoghi dove è vissuta. Tunisi la città dove nacque e dove visse la prima giovinezza, Napoli la città che l’accolse al suo ritorno in Italia e la vide direttrice del giornale “NoiDonne”, la Sardegna, la terra del marito e dove decisero di vivere dopo la guerra e ovviamente Roma dove svolse il suo ruolo di parlamentare.