Il paesaggio dell’Agro Pontino durante la colonizzazione
di Marina Cozzo –
I giorni si alternavano alle notti senza che i coloni dell’Agro Pontino se ne accorgessero. Di giorno, il lavoro duro, faticoso: rimuovere zolle marmoree, mentre scarponi logori e impregnati di acqua putrida e gelida àncorano come macigni i piedi dei contadini; manovrare l’aratro inghiottito dalla melma, incoraggiando il bue stremato a proseguire il solco che darà la vita.
Di notte, il freddo delle prime abitazioni, la fame, e spesso le malattie contratte in quella zona ancora insalubre, non favorivano il riposo giusto per affrontare il giorno seguente.
I coloni si improvvisarono agricoltori e l’agricoltura, in prevalenza la viticultura, divenne la loro fonte di vita per decine di anni, ma anche lo scenario del paesaggio della pianura.
Il disegno delle culture trasformò la zona in una trama di tessuto ruvido, che la luce fa risaltare tra le geometrie del territorio, spiccando tra gli stagni e gli acquitrini ancora tenaci.
I poderi assegnati e i borghi in via di crescita erano ben collegati, tra loro, ma sopratutto con la Capitale. La rete di strade e l’orditura del borghi, predisposti dai Consorzi di Bonifica e dall’O.N.C. era costituita a maglie quadrate che racchiudevano unità poderali di circa 20 ettari ciascuno.
Per la realizzazione di detta rete di collegamenti e per le infrastrutture si cominciò, nei primi anni ’30, uno studio molto importante, sopratutto su spinta del Congresso della Federazione Internazionale dell’Abitazione e dei Piani Regolatori per tutta la Regione del Lazio.
Da qui si delineavano due fazioni di architetti: uno di stampo tradizionalista, chiamato “La Burbera”, capeggiato da Gustavo Giovannoni, e uno moderno, il GUR (Gruppo Urbanisti Romani), con Marcello Piacentini, che si proponeva lo schema “aperto” come alternativa all’espansione “chiusa” e compatta della città, secondo le volontà di disurbanizzazione del regime fascista.
Fu quest’ultimo a prevalere, e treni e tram cominciavano a collegare i nuovi nuclei extra-urbani, mentre qua e là, fuori dalla città propriamente detta, sorgevano borgate rurali, sportive, militari (gli aeroporti, ecc.).
Vennero così fissate due principali linee di sviluppo territoriale: quella verso il mare, conferendo una vocazione industriale, con la realizzazione di un porto fluviale e uno marittimo; e quella verso i Castelli.
Negli successivi anni vi sarà un crescendo di proposte di qualificazione del territorio che spesso non rientravano nemmeno nel piano regolatore e che portò via via alla realizzazione di infrastrutture, tra cui, per esempio la linea ferroviaria Roma-Ostia Lido e quella Roma-Formia-Napoli, inaugurata nel 1927 e poi da qui a seguire per tentare di coprire quante più località laziali fosse possibile.
Marina Cozzo