Dal bullismo alle baby gang: una mafia in miniatura
di Stefania Belmonte –
Accerchiato, deriso, isolato, umiliato. Accade questo a un bambino che è vittima dei bulli, suoi coetanei o ragazzi più grandi che prendono il sopravvento e rendono la vita difficile a chi è più debole. Oggi il bullismo è in crescita: in due anni, dal 2012 al 2014, gli interventi di Telefono Azzurro per questo fenomeno sono pressoché raddoppiati (dall’8% al 16%). I risultati di una ricerca presentata lo scorso novembre insieme a DoxaKids, inoltre, parlano chiaro: in un campione di 1.500 ragazzi di età compresa tra gli 11 e i 19 anni, il 34,7% ha affermato di aver vissuto o di aver assistito ad episodi di bullismo. L’indagine “Osservatorio adolescenti” ha fotografato la situazione in scuole medie e superiori, contesti in cui i bulli fanno sentire di più la loro presenza (67,9%). Come hanno reagito i ragazzi? Il 31,3% delle vittime ha semplicemente lasciato correre, mentre il 29,9% ha cercato di difendersi. Soltanto uno su cinque ha avvisato i genitori (con una percentuale maggiore tra le ragazze), mentre il 22,7% ha mantenuto il silenzio sull’accaduto.
Il dato positivo è che, negli ultimi anni, è andata crescendo anche la conoscenza del fenomeno da parte delle istituzioni e delle famiglie, che oggi guardano al bullismo con maggiore consapevolezza.
“Latina ha aderito a “Sos Bullismo e Droga nella scuola” – ha spiegato il capo di gabinetto e portavoce della questura, Manuela Iaione – con l’attivazione del numero verde 42003, una linea non d’emergenza ma riservata ai ragazzi e alle figure adulte che hanno la responsabilità della loro crescita, quindi soprattutto genitori ed insegnanti, che hanno bisogno di segnalare situazioni a rischio o reati. Ogni provincia ha operatori sul territorio, una propria banca dati ed uffici competenti per materia. Purtroppo il bullismo è un fenomeno in crescita ed al passo con la tecnologia, allargandosi ai social network ed assumendo quindi le forme di un cyber bullismo”.
Il cyber bullismo è un’evoluzione del bullismo “tradizionale”. Attacca gli stessi soggetti, soprattutto coloro che il bullo percepisce come “diversi” (per colore della pelle, per orientamento sessuale, perché studiosi, perché vestiti in modo diverso dal solito, etc), avvalendosi di internet, con la diffusione di foto ed immagini denigratorie (59%), oppure creando gruppi contro le sue vittime (57%). [Fonte: Ipsos per “Save the Children”].
“La collaborazione con la Polizia è stata negli anni molto fruttifera – ha detto la dott.ssa Graziella Cannella, in rappresentanza dell’ufficio scolastico provinciale – A Latina i casi di bullismo sono nella media nazionale, ma la presenza dei poliziotti a scuola si è rivelata un freno molto utile”.
Come si riconosce un bullo? Ce lo suggerisce l’ispettore Tommaso Malandruccolo, per anni coordinatore dei poliziotti di quartiere a Latina ed oggi referente per il progetto Sos Bullismo e Droga.
“È un processo abbastanza complicato. Il bullo ha una doppia veste, una fuori e l’altra dentro casa. I genitori devono essere molto attenti al linguaggio non verbale dei figli perché in casa di solito portano una ‘maschera’. Una maschera che però cade quando, ad esempio guardando un film, un tg, oppure esprimendo un commento ostile, emerge una condotta conflittuale. Ma ripeto: si tratta di un comportamento difficile da individuare, perché spesso il genitore è artefice, non sempre inconsapevole, di questi atteggiamenti, perché in casa non filtra pensieri e sensazioni davanti ai figli, trasmettendo egli stesso un messaggio da ‘bullo’”.
Dal bullo al gruppo di bulli, e quindi alla formazione di una baby gang il passo è breve…
“Certamente questa metamorfosi ha bisogno di tempo per verificarsi, ma ha buone possibilità di riuscita. La baby gang, che è il passo successivo al bullismo, è simile alla criminalità organizzata. Ha le stesse caratteristiche dell’attività mafiosa: c’è affiliazione, nonché tutta una serie di fenomeni che possono portare ad affermare che le baby gang generate dal bullismo possano essere considerate mafia con la ‘m’ minuscola”.
Quali sono invece, per la tua esperienza di poliziotto, i segnali di chi è invece una vittima del bullismo?
“Il primo segnale è senza dubbio un turbamento visibile nel giovane: paura di andare a scuola o di uscire, a seconda di dove si è verificato l’evento. A volte possono verificarsi problemi più seri, come disturbi del sonno o dell’alimentazione. Di base c’è sempre una buona dose di nervosismo, e talvolta fenomeni aggressivi all’interno della famiglia: atteggiamenti, questi ultimi, repressi nei confronti del ‘carnefice’ e riversati sulle figure affettive. Sono un segnale di richiesta d’aiuto. In tutti questi casi la figura genitoriale e gli insegnanti sono fondamentali nel riconoscimento del problema”.