Un evergreen della lettura: “L’amicizia” di Francesco Alberoni
di Cora Craus –
“L’amicizia” (ed Garzanti- pag.176 – € 15) si legge nel sottotitolo, “Così avventurosa, così libera, così forte, così leggera così profonda, così indisciplinata, così poco lagnosa”. E, credo che concorderete con noi nel considerarlo un manifesto da sottoscrivere.
Sono molti i quesiti che Alberoni pone e analizza quali l’amicizia e la famiglia, l’amicizia e il lavoro, l’amicizia e la creatività, la riflessione su “Amicizia e compagnia amicale” che sono realtà in antitesi perché: “La compagnia amicale assomiglia – scrive Alberoni – ad un club. Si potrebbe anche dire che la sua struttura è quella di un party, ma congelato, imbalsamato, diventato permanente. E’ in questa socievolezza che prosperano le forme d’ipocrisia, amicale. Abbracci, baci, ma anche false confidenze, invidie, malignità. Perché si confondono queste cose con l’amicizia? Perché quando si parla di amicizia, si evoca per prima cosa l’ottusa socievolezza del gruppo? Perché viene in mente la compagnia, gli amiconi, il club, la noia? Perché non viene in mente la ricerca, l’avventura, come nell’infanzia, come nell’adolescenza?” Domande cui l’autore risponde non con indiscutibile dogma o inappellabili sentenze, ma con un variegato ventaglio di autorevoli amicali suggerimenti.
Il libro racchiude un’analisi, una spietata vivisezione di un sentimento che, come scriveva Francesco Bacone: “Raddoppia le gioie e divide le angosce a metà” o, forse, chi lo sa, è più vero ciò che, dello stesso sentimento scrive Samuel Butler: “L’amico che non è capace, in un momento difficile, di ricordare una o due cose mai accadute, non vale più dell’amico che non sa dimenticare nulla”. Di questi e mille altri spetti parla il saggio di Francesco Alberoni.
Un libro che quando uscì nel 1984 fu un successo clamoroso, con decine di ristampe. E, ancora, oggi è tra i libri più letti. E’ un saggio concreto ed esauriente che parla con un linguaggio lieve proprio come “L’amicizia, deve sempre essere fresca, leggera, anche quando è eroica. L’amicizia dice sempre, anche di fronte alla morte: “Non c’è di che.” Alberoni parla di questo sentimento e di ciò che esso non è; nelle pagine del libro sfilano storie di amicizie profonde durate tutta la vita e, anche un po’ oltre, come quella di Friedrich Engels e Karl Marx, considerata un esempio di cosa sia una grande amicizia moderna, un’amicizia spirituale. Ci racconta dell’amicizia spezzata da un malinteso o forse da una momentanea mancanza di sensibilità tra Cezannè ed Emile Zola.
Un saggio che trasporta, il lettore, come in un sogno tra le grandi e perfette amicizie del passato quali Patroclo e Achille, Oreste e Pilade, Eurialo e Niso, Armodio e Aristogitone, Damone e Finzia. Ma avverte, l’autore, sono amicizie eroiche e guerriere che possono indurci a pensare che oggi amicizie così autentiche, così forti non esista più, mentre dobbiamo ricordare che esse sono amicizie di figure letterarie. Un mondo, quello letterario, straordinario, emotivamente vero, spesso concreto paradigma della realtà, eppure, per sua stessa natura la letteratura non può essere che immaginazione, illusione.