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Il film “In ultimo” di Mario Balsamo: un sillabario di ricolmo di trepidazioni e insegnamenti.

Di Cora Craus –

Un’atmosfera di forte attesa ha caratterizzato l’evento della proiezione del film di Mario Balsamo “In ultimo” il focus del film è sul fine vita. L’attesa è sfociata in una silenziosa e assordante partecipazione, quasi un fondersi tra il pubblico e lo schermo; un film di memorie dell’anima, un dialogo potente con personaggi no, chiediamo scusa, con persone che affidano alla limpidezza dello sguardo il loro saluto dal mondo terreno: un sillabario ricolmo di trepidazioni e insegnamenti. Il regista latinense ha conquistato il pubblico con un film intenso, ma anche per la totale disponibilità e franchezza a condividere le sue personale emozioni vissute durante le riprese: “L’ Hospice è un limbo e si respira un’aria di autenticità e consapevolezza difficilmente riscontrabile in altre realtà”.

 A dialogare con Balsamo è stato Massimiliano Farau, un altro regista di origini latinense, che nel corso della chiacchierata ha sottolineato come Mario Balsamo con questo lavoro abbia abbattuto il tabù del parlare della morte; tabù, che, Farau, in una colta disamine ha spiegato essere il tallone d’Achille dell’uomo moderno. Ha elogiato il documentario: “Il lavoro di Mario ha uno sguardo dolce, comprensivo pieno di com – passione”. Così come ha ricordato un altro film con una tematica altrettanto difficile: la malattia oncologica e Balsamo, in quell’occasione, scelse di raccontarla attraverso una spietata ironia e un capolavoro di levità; il film era “Noi non siamo come James Bond”

Il documentario da qualunque prospettiva lo si guardi tratta un tema pesante, difficile da accettare, sia come protagonisti sia per le persone intorno a loro, ma il regista latinense ha dimostrato di aver ben introiettato e metabolizzato la lezione sulla “leggerezza” di calviniana memoria.

 Durante la serata è stato narrato come sia nato questo film, la sua genesi: in origine l’idea era di fare un documentario sul suicidio assistito in Svizzera ma che in qualche modo non si era trovato la giusta dimensione per raccontare con autenticità l’ultimo tratto della vita; cosa che invece si è riscontrato nell’Hospice Anemos di Torino e nel dott. Claudio Ritossa, un medico palliativista.

    Balsamo ha poi spiegato come nell’Hospice vi abiti un tempo sospeso, dilatato, un tempo sacro e per rappresentare questo stato durante il film “utilizzo delle inquadrature così lunghe da mettere a dura prova lo spettatore e lo faccio volutamente”.

Per chi non l’avesse visto il film ne riportiamo la trama: Claudio Ritossa è un medico palliativista che svolge il suo lavoro con grande empatia nei confronti di chi è al termine della vita. Accanto all’esercizio della sua professione nell’Hospice Anemos di Torino, dedica tanto tempo al giardinaggio, un’attività che, a ben vedere, rimanda al senso della sua professione. Le piante e gli alberi, all’interno di un solo anno, mostrano (incidenti di percorso compresi) le tappe naturali della vita, esattamente come fanno le diverse età dell’uomo. Claudio trasmette in profondità questa verità ai degenti, conducendoli sulla strada, meno accidentata e più serena possibile, del Finale di Partita. Claudio Ritossa interpreta se stesso così come tutti gli altri componenti del cast.

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Cora Craus

Cora Craus

Giornalista