Quando sport è follia. Nasce “Cari genitori, lasciateci giocare”.
di Alga Madìa –
E lo chiamano “gioco” del calcio.
Le risse sugli spalti fra genitori, gli insulti agli arbitri durante lo svolgimento di una partita di pallone fra squadre di bambini.
Le motivazioni di simili episodi non le indichiamo neanche, non ci interessano, non potrebbero mai essere una scusa e ciò che è più grave è che si tratta di episodi che si ripetono: da una domenica all’altra, nei giorni, nei mesi o negli anni passati.
Ma veniamo al fatto più recente: accade nel leccese, sul campo di Montesano Salentino l’altra domenica, durante la gara del campionato Giovanissimi tra Tricase e Sogliano Cavour. Un papà scavalca la recinzione del campo su cui si sta svolgendo la partita e prende a ceffoni il direttore di gara 17enne.
Il figlio, appena quattordicenne, incredulo, scoppia in lacrime e non contiene i singhiozzi mentre umiliato davanti ai suoi compagni, chiede scusa per il comportamento del padre: “Vi chiedo scusa per quello che ha fatto”. L’aggressore cinquantenne è stato chiaramente denunciato.
L’arbitro, vittima di questa incredibile violenza ha scritto poi una lettera pubblica ai suoi genitori perché da tempo sopportano le offese a lui rivolte. “A te papà, grazie, perché domenica – ha scritto – oltre a sopportare freddo, vento e i soliti insulti rivolti a me, ma che offendono anche chi accompagna noi arbitri, hai sopportato tanta rabbia per quello che è successo e, soprattutto perché, bloccato da una recinzione, non hai potuto fermare la mano di chi mi colpiva. Grazie, perché solo quando sei entrato tu nello spogliatoio, pochi minuti dopo l’aggressione, con il tuo abbraccio mi sono sentito al sicuro. A te mamma, grazie, perché nonostante quella sola volta che sei venuta a vedermi arbitrare, dopo solo mezz’ora, ti sei allontanata non potendo sopportare i toni e le contestazioni che mi venivano rivolti e, nonostante ieri lavavi la mia divisa sporca di sangue con gli occhi lucidi di pianto, mi hai sempre incoraggiato e sostenuto con il tuo sorriso“.
Questo è solo l’ultimo in ordine di tempo degli incresciosi episodi di violenza verbale o fisica che in nome di una pseudo giustizia sportiva (fai da te) si continuano a verificare sui campi da gioco.
L’episodio più grave avviene il 26 ottobre scorso, quando un arbitro prima colpito con un pugno da un calciatore locale, poi inseguito negli spogliatoi da alcuni tifosi e preso a pugni e calci. Tre le persone indagate: il giocatore che lo ha aggredito per primo, un tifoso cavallinese e il presidente della società, Rosario Fina, che il giorno dopo ha detto in un’intervista: “Due schiaffi sono stati pochi. Se avessi avuto l’arbitro tra le mani l’avrei ammazzato”.
Alla luce di questi continui incresciosi episodi, nasce “Cari genitori, lasciateci giocare”, un progetto, ideato da un tecnico sportivo, Claudio Ferri, volto a creare un nuovo modo di “vivere e condividere il gioco del calcio. Un metodo che mira specificamente ad una armonia tra staff e ragazzi”, privo di interferenze sulla metodologia applicata in campo e sopra ogni cosa volta a mettere in primo piano il vero divertimento dei bambini, che non dovranno mai essere presi dall’ansia o dalla paura per non aver dato il massimo in campo.
Un progetto di promozione, formazione e sperimentazione di nuove forme di cultura sportiva nelle scuole calcio, per far crescere i ragazzi in un ambiente sano, nato da un’attenta analisi effettuata dalla FIGC Settore Giovanile e Scolastico del Lazio, anche su richiesta di alcuni genitori (perché i genitori fortunatamente non sono tutti uguali).
Ma anche un progetto utile dal punto di vista della comunicazione e istruttivo per quelle società che vogliono affrontare i media e gli organi ufficiali per la promozione sportiva. Come si comunica ad un giornale, ad un sito, attraverso un social network o ad una tv? Come si crea una notizia e si divulga?
Su tanti campi italiani, quindi, uno striscione utile a tutti: CARI GENITORI LASCIATECI GIOCARE, con l’obiettivo di ricordare, stimolare e sollecitare comportamenti idonei dentro e fuori dal campo.
Non siamo davvero certi che uno striscione faccia la differenza. Siamo però convinti tutti, da genitori e non, che lo sport debba rimanere tale, principalmente quando nell’età evolutiva, i ragazzi lo dovrebbero utilizzare con la voglia di misurarsi, di correre, sudare, imparare le regole, ma su ogni cosa, con la voglia matta di giocare e divertirsi.