I segreti della Sistina
di Cora Craus –
L’arte che racconta, la pittura come narrazione che cela, nasconde e disvela esoterismo, religione, codici segreti, intrighi di palazzo, sfide terrene al potere e sfide con sé stesso alla ricerca di Dio. L’autore? Michelangelo Buonarroti.
“I segreti della Sistina – Il messaggio proibito di Michelangelo”, di Roy Doliner e Benjamin Bleech, è un libro affascinante che conquista, un saggio sull’opera di Michelangelo Buonarroti, considerata il simbolo della cristianità.
In essa i due studiosi vi hanno “scoperto”, disseminati e dissimulati negli affreschi, nuovi segni, codici e messaggi cabalistici. Cosa che li ha portati a considerare gli affreschi un ponte tra la fede cattolica e la religione ebraica.
Un argomento, la diatriba cristiano-ebraica, dopo cinque secoli, ancora di un’attualità sconvolgente.
Gli autori, con una scrittura scorrevole e accattivante da romanzo e un ritmo incalzante da thriller, ci raccontano in presa diretta come Michelangelo, con un codice che fa largo uso della simbologia ebraica e neoplatonica, esprima un violento attacco alla corruzione della Chiesa dell’epoca; così come promuove una nuova concezione della sessualità e della figura della donna e la convinzione, l’utopistica idea di una fratellanza universale degli uomini e delle religioni. In quest’ottica l’opera si trasforma da summa della cristianità in un manifesto rivoluzionario.
“I segreti della Sistina – Il messaggio proibito di Michelangelo” (ed. Rizzoli – pag. 416 – € 22) è un avvincente libro di storia dell’arte ma anche il ritratto, la biografia di un genio ribelle e sognatore in lotta contro il potere. Un libro che fa echeggiare, dentro il lettore, le parole di Umberto Saba: “L’opera d’arte è sempre una confessione”.
Gli autori narrano, con accenti da romanzo, una rigorosa indagine storica, che abbraccia sia una sorta di storia “dietro l’immagine” sia la travagliata formazione dell’artista; partendo dall’infanzia tormentata al periodo di apprendistato presso la bottega di Domenico Ghirlandaio, dall’incontro con Lorenzo il Magnifico a quello con il neoplatonismo di Marsilio Ficino e Pico della Mirandola, facendoci così scoprire le numerose influenze, spesso in contrasto tra loro, che confluirono nella sua opera.
Roy Doliner è professore di storia dell’arte specializzato in Storia Italiana e dell’Antica Roma, e un raffinato cultore di lingue e religioni comparate. Benjiamin Bleech è rabbino e docente di fama internazionale, dal 1966 è professore di Talmud alla Yeshiva University. Doliner e Bleech accompagnano pagina dopo pagina il lettore nella decifrazione dei simboli nascosti nell’opera d’arte; suggeriscono interrogativi quali, ad esempio, perché l’albero del Bene e del male è un fico e non un melo? O, perché il serpente tentatore ha sembianze umane, proprio com’è descritto nei testi ebraici? A questi e a molti altri enigma gli autori offrono una loro chiara e lucida risposta.
La passione di Michelangelo per la Cabala è una cosa risaputa da molto tempo come non è un segreto che la stessa passione animasse anche il committente Giuliano Della Rovere, cioè papa Giulio II.
Ci piace credere che l’anima tormentata di Michelangelo, che con il suo capolavoro ha cambiato per sempre la storia dell’arte, e l’anima pragmatica, e a suo modo grandiosa, di Papa Giulio II, unite nella passione per la ricerca del “Mistero” abbiano posto, cinque secoli fa, le basi per costruire quel “grandioso ponte dello spirito che abbraccia differenti fedi, culture, epoche e sessualità”.