Abitare l’agropontino: B.go Le Ferriere, Satricum e le città eterne
di Marina Cozzo
Come ci raccontano Plutarco e Livio, dal sec. XIV al X a. C., il territorio del Borgo Le Ferriere veniva frequentato da pastori nomadi, notizia attestata da reperti archeologici. La fase culturale di questo periodo, età del bronzo, è detta “Appenninica” perché proveniente appunto dalla catena montuosa centro italica. All’età del ferro poi, X – VII sec. a. C., è da attribuire l’insediamento di capanne abitate da Latini ed un probabile centro di culto.
Poi, a poco, a poco, nei secoli quella zona divenne la città di Satricum.
Come tutte le città antiche e moderne, essa aveva uno luogo di culto rappresentato dal Tempio a Mater Matuta ed era caratterizzato dalla presenza di diverse favisse: “Id esse cellas quasdam et cisternas, quae in area sub terra essent ubi reponi solerent signa vetera, ” (erano celle e cisterne sotterranee nell’area sacra per conservare i doni votivi). Con questa definizione latina, Auleo Gelio, nel V° secolo a.c., spiegava la presenza di ben quattro favisse (stipe votiva).
Alla fine dell’ottocento, alcuni scavi hanno consentito il ritrovamento di una canalizzazione ed un pozzo sul lato occidentale del tempio di Mater Matuta cui recenti lavori di pulizia dalle erbe infestanti hanno consentito di aggiungere il ritrovamento di un altro pozzo circolare: nell’insieme è un sistema di captazione delle acque meteoriche, probabilmente per convogliarle in cisterne sotterranee. E le notizie riportate da Gellio e Festo consentono di stabilire un legame tra le cisterne e i templa, spazi delimitati e consacrati e di riconoscere come favisse solo quelle cisterne ricadenti all’interno di un´area sacra .
Satricum, situata ai margini della palude, era l’unica città ad occupare una posizione centrale nel territorio. Antium (Anzio), Circeii (Circeo), Anxur (Terracina), Setia (Sezze), Norba (Norma) e Cora (Cori), nate successivamente e in posizione periferica.
Così, essa divenne facilmente un punto strategico di incontro di genti e scambi commerciali.
La sua fortuna socio-economica era non solo nella presenza del fiume Astura, navigabile, che la collegava al mare attraverso il porto edificato sulla sua foce; ma anche dalla grande strada, parallela all’attuale Pontina, proveniente da Roma, Lavinium e Ardea. Essa, poi a Satricum, si biforcava per procedere verso Terracina seguendo due percorsi: uno passava ai piedi dei Monti Lepini (oggi Via Appia) l’altro lungo la costa. In questa località, inoltre, si incrociava anche un’altra importantissima arteria che legava il mar Tirreno (Antium) con l’interno italico (Velletri, Palestrina…).
La maggiore ricchezza della città era nel commercio e nell’agricoltura, infatti i Romani vi inviavano continue delegazioni per il rifornimento di cereali.
Tuttavia, la sua enorme importanza strategica la costrinse a sostenere tante guerre contro i Latini ed i Romani fino al suo completo annientamento, nel 346 a. C. ad opera del console romano M. Valerius Corbus: “La città venne rasa al suolo e data alle fiamme. Il solo edificio a non essere incendiato fu il tempio di Mater Matuta. Il bottino fu integralmente assegnato agli uomini. I quattromila soldati che si erano arresi non vennero inclusi nel bottino: il console li fece camminare incatenati di fronte al proprio carro durante il trionfo” Livio, Ab Urbe condita.