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La sottana di seta e le trasparenze dell’eros.

di Francesca Romana R. C. –

Una sera, a cena con un’amica single da tempo e bellissima, scopro di quanto in ritardo fossi io rispetto al movimento del mondo intorno a me. Un mondo ancora da comprendere.

“Eh no, mi dice, io sotto il vestito uso sempre lingerie ricercata, calze autoreggenti e sottana”. “Sottana…- penso – ma la sottana, sottana? Quella che usava mia madre?

E lei: “Si, certo. Bella, in pizzo o in seta. Deve esserci sempre il gusto della scoperta, il vedo non vedo, le trasparenze, il contatto coi tessuti pregiati, le sete, i rasi. Ricordati che le mani sono il primo approccio alla sensualità, subito dopo che gli occhi hanno immaginato quanto più possibile. Il contatto con certi tessuti preziosi, vedere per esempio l’ombelico in trasparenza, ti garantisco essere cosa da esperte dell’eros più raffinato”.837-02379133

Mi sono persa qualcosa, ci penso e ci ripenso. Il pomeriggio del giorno successivo, appena finito con carte e pc, infilo la chiave nell’auto e senza soste intermedie mi dirigo verso uno di quei negozi di intimo, quelli dove puoi girare da sola e farti, senza dover spiegare niente, un’idea orientativa. Ma davvero credevo che le sottane non le vendessero più?

In realtà girando e curiosando sto scoprendo un mondo nuovo, bellissimo e colorato, di pizzi e di sete, di neri e di bianchi, di calze, sottane, reggiseno meravigliosi.

Così mentre sbircio di qua e di là, comincio a chiedermi del perché entravo sempre nei negozi con un’idea precisa (e con una domanda precisa) non consentendo alle commesse neanche la possibilità di propormi un’alternativa a quelle insulse calzette corte e calde da indossare sotto gli stivali, al collant classico, alla canotta sotto il maglione.

Tutto da rifare. Ma ce la posso fare, sono ancora in tempo.

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Qualche sera dopo, dopo cena, il divano è lì, beviamo qualcosa. Quel vino rosso che su me fa sempre il solito effetto inebriante, l’abito che sale leggermente nell’accavallare le gambe. Noto che si intravede una piccola parte del pizzo che mi tiene su l’autoreggente. Ignoro la cosa, non l’abbasso e non lo noto solo io. Sembra un invito, penso. E che lo sia.

Le mani, le mani. Le mani che sfiorano il tessuto. Che scivolano sulla mia sottana color crema, su quella seta delicata e liscia come la pelle, più della pelle.

Lo guardo perdersi fra pelle e tessuti, fra ciò che vede e ciò che immagina. Sorrido. Sorseggio un po’ di vino, ancora un po’ e brindo a te, amica mia.

 

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