Festa della liberazione, ecco cosa c’è da festeggiare il 25 aprile
di Alga Madìa –
Sono più di 70 anni che andiamo fieri di questa data, di questa libertà conquistata dai nostri bis nonni che inseguivano il sogno di essere liberi. Liberi di pensare, di vestire, di parlare, di scrivere, di amare. Liberi di poter cercare e trovare il proprio benessere. Quella nuova condizione di vita voluta e raggiunta a tutti i costi, senza risparmio di energie, di sudore, di lotte e di vite umane.
Un pensiero non mi abbandona in queste ore, e che anzi il 25 aprile diventa più insistente e forse più grave, è quanto abbiano sognato più di noi, i nostri avi, quando hanno messo a repentaglio la loro vita, “solo” per poter dire questa parola meravigliosa. Più di noi perché con molta probabilità noi non ci rendiamo conto di quanto prezioso sia il significato di un termine così bello e appagante. Forse, non possiamo rendercene conto perché non abbiamo subìto in prima persona una guerra, la disperazione che li spingeva a salire clandestinamente nelle stive delle navi che li portavano in quelle terre, sogno di libertà, oltreoceano; non abbiamo sentito i morsi della fame, né abbiamo dovuto cercare di dare risposte ai nostri figli. Quei figli a cui anche loro avrebbero voluto offrire un mondo diverso ma a malapena potevano.dare poco pane per sfamarli. Non capiamo perché nessuno ci impone di vestire il sabato mattina di un colore anziché di un altro. Non capiamo perché la libertà di amare chi e come si vuole è cosa acquisita da tempo.
Non possiamo capire come saremmo stati, non possiamo capire l’inevitabile parallelismo con la storia così grave e attuale dei nostri fratelli, che dai loro Paesi scappano, col terrore negli occhi, ma la speranza nel cuore, investendo, in quel viaggio che li separa dall’Europa, soldi che hanno faticosamente messo da parte. Il sogno, meglio, la disperazione non li fa ragionare e salgono in numeri da capogiro su barconi che riempiono oltre ogni mmaginazione.
L’ignoranza della maggior parte di loro li induce a pensare, provenendo dai deserti e da zone più interne, che il Mediterraneo sia un fiume. Quindi facilmente attraversabile.
Non si sa che posizione e soprattutto quali soluzioni riuscirà a trovare l’Europa. Tutto è così aleatorio, la loro vita è una lotteria, dove chi vince è uno, o poco più, tutti gli altri finiscono i loro sogni nel buio degli abissi di quel mare che per loro è infido, tanto quanto i criminali senza scrupoli cui affidano le loro tristi vite.
Negli anni della resistenza il nemico era visibile, si sapeva chi e cosa combattere e perché: loro sono (ciascuno di loro) soli, dinnanzi a criminali traghettatori, di fronte a quel “fiume” sconosciuto e immenso che è il mar Mediterraneo.
Ecco, qualcuno oggi si chiede cosa ci sia da festeggiare, qualcuno che non immagina quanto i totalitarismi tolgano dignità a qualsiasi essere umano. A noi Italiani del secolo scorso, a milioni di africani oggi, che non comprendono nemmeno chi poter combattere.
25 aprile. C’è sì da festeggiare, non foss’altro che per ricordare chi (per la maggior parte ragazzi) per il nostro benessere in quella lotta si è giocato la vita e, perdendola, ci ha lasciato in eredità il bene più prezioso che un uomo possa desiderare: la libertà. La stessa che auguriamo di trovare ai migranti africani nel più breve tempo possibile.
Si lotta per le cose giuste, quando sono cosa certa bisogna serbarle gelosamente. I tesori non si lasciano alle intemperie.