Mi vuoi sposare? No, grazie!
In calo i matrimoni religiosi. Chi ha però coraggio di raggiungere questo traguardo, lo fa in regime di separazione di beni.
di Luisa Belardinelli –
L’altare e l’abito bianco ormai sembrano sempre più lontani… Il gioco delle coppie è ormai cambiato: aumentano le tutele legali e i matrimoni civili.
Questo è quanto emerge dall’ultimo report dell’Istat (istituto nazionale di statistica) sui matrimoni in Italia. Per la prima volta, il numero dei matrimoni scende sotto quota duecentomila. Sono stati infatti celebrati in Italia 194.057 matrimoni (13.081 in meno rispetto al 2012). Forte il calo dal 2008: circa 53 mila nozze in meno negli ultimi 5 anni (pari a oltre un quinto delle celebrazioni del 2008). Diminuiscono anche i matrimoni successivi al primo, scendendo da 34.137 del 2008 a 30.691 del 2013, ma il ritmo della flessione è più contenuto di quello delle prime nozze. Nel 2013 sono state celebrate con rito religioso 111.545 nozze, oltre 44 mila in meno negli ultimi 5 anni (-29%). I matrimoni celebrati con il solo rito civile sono scesi a 82.512 (-9% rispetto al 2008); la loro quota sul totale raggiunge il 42,5% del 2013, dal 36,8 del 2008. Sia al Nord (55%) che al Centro (51%) i matrimoni con rito civile superano comunque quelli religiosi.
Altre sfaccettature dell’indagine Istat rivelano che in Italia chi decide di convolare a nozze preferisce farlo in regime di separazione dei beni. Non ci si fida più del partner? Si pensa immediatamente alle ripercussioni drammatiche di una eventuale separazione? Entrambe le domande, dopo aver preso visione dei dati, possono avere un senso.
Ma perché ci si sposa sempre meno? Tra le ragioni c’è sicuramente la precarietà del lavoro che contraddistingue la società moderna.
Sostiene Paolo Moneta, docente di Diritto canonico all’Università di Pisa, presidente dell’Associazione canonistica italiana e avvocato della Rota Romana: “il cambiamento è nel ‘valore’ che si attribuisce al matrimonio: sempre più visto come un adempimento burocratico e non più invece come un atto comunitario di rilevanza sociale – prosegue Moneta – . Ciò che conta oggi è la propria individualità. Ci si fida della propria coscienza e si prendono impegni di conseguenza, ovvero finché si ritiene di poterlo fare” .
“Il matrimonio – aggiunge Paolo Moneta – è una scelta personalissima che, al tempo stesso, mette in una rete sociale e familiare che serve da paracadute e dà solidità della relazione. Ma nel momento in cui questa dimensione comunitaria viene meno, anche la relazione personale si indebolisce”.