1933 – Un anno terribile di John Fante
di Cora Craus –
Un delicato racconto sui rapporti familiari e di amicizia. La sua tematica è terribilmente attuale, è un libro che parla di emigrazione della disperata ricerca di un suolo da chiamare “casa“.
“Era duro, l’inverno del 1933. Quella sera, arrancando verso casa attraverso fiamme di gelo, con le dita dei piedi che mi bruciavano, le orecchie che andavano a fuoco, e la neve che mi turbinava intorno come un nugolo di suore furibonde, mi fermai di colpo. Era giunto il momento di tirare le somme. Con la pioggia o col sereno c’erano delle forze al mondo che cercavano di distruggermi. Dominic Molise, mi dissi, aspetta un attimo”.
E’ l’incipit di “1933 – Un anno terribile” di John Fante, un delicato racconto sui rapporti familiari e di amicizia. La sua tematica è terribilmente attuale, è un libro che parla di emigrazione: delle aspirazioni, dei sogni di un ragazzo italo-americano, di un Wop (With Out Passaport ovvero un fuori passaporto, un senza identità), un emigrato di seconda generazione in un’America spietata come spietate sono tutte le terre con gli emigrati. Questo romanzo ha avuto una gestazione travagliata, l’autore lo riteneva “non interessante” ed è stato pubblicato postumo, grazie alla volontà della moglie. Opera non compiuta, ma “mai – scrive Emanuele Trevi – un testo incompiuto ha potuto vantare un “finale” perfetto come quello che troviamo nell’ultima pagina di “1933- Un anno terribile”.
Il protagonista è Domenic Molise, figlio d’immigrati abruzzesi. Domenic ha un grande talento, quasi da cartone animato: il suo Braccio. Sa che grazie a lui, soltanto grazie a lui, potrà riscattare se stesso e la sua famiglia dalla condizione di inferiorità che stanno vivendo, diventando “Dom Molise, il più grande Mancino della Major League”. La più grande promessa del baseball della West Coast.
“1933 – Un anno terribile” (ed. Einaudi – pag. 122 – € 11) è un romanzo breve, poco più di cento pagine, con una prosa chiara, scorrevole, dialoghi essenziali e divertenti, e grandi meticolose descrizioni dell’ambiente, dei mutevoli stati d’animo dei personaggi, cosa che permette al lettore un totale coinvolgimento, una profonda immersione nella problematica di un nucleo di emigranti abruzzesi negli Stati Uniti degli anni trenta e di afferrare in maniera quasi tattile la speranza, il sogno di un adolescente ad una vita migliore, di “cittadino con passaporto”.
Vincenzo Cerami l’ha definito un “romanzo claustrale” e scrive: “ La gabbia in cui si agita il ragazzo è soprattutto mentale. Ha un rapporto casuale con la sua condizione di espatriato in patria”.
E’ vero, ha ragione Cerami, nel romanzo gli “avversari”, i “nemici” di fatto sono solo dei fantasmi creati dal sentirsi diverso, straniero. Ma non è difficile immaginare, quanto possa essere duro per un Wop, per un senza radici, allora come oggi, vincere i fantasmi delle proprie incertezze, delle proprie paure. Incertezze e paure che possono essere più solide e ostili di un muro, più paurose di un incubo. Pensiamoci quando incontriamo un “pericoloso straniero”.
“1933 – Un anno terribile” è un capolavoro di emozioni e comicità, e pur essendo una delle opere meno note di John Fante al grande pubblico, è un romanzo che davvero vale la pena di leggere.