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Ground Zero…la rinascita

Sono le 9 del mattino e il vento fuori è tagliente come una lama di coltello. Fa freddissimo, velocemente cammino per strada per dirigermi alla prima stazione della “Subway”.
Penso che New York è davvero bellissima in questo periodo dell’anno. Dopo pochi minuti arrivo alla mia fermata World Trade Center”. Scendo e immediatamente i miei ricordi affiorano a quando quella volta insieme a mio marito salimmo su una delle due torri, le più alte del mondo. Eravamo diretti al Window of the World al 107esimo piano della torre nord. Fu una serata meravigliosa…era il 1998. Sono ritornata in quel posto due mesi dopo l’attentato da parte degli estremisti islamici di Al Qaeda, quando al posto dell’ ombelico del mondo c’era ormai una catasta di macerie e di corpi senza vita, dove si respirava ancora aria di morte e negli occhi dei newyorkesi era lampante il terrore e lo smarrimento.
Poi di nuovo nel 2005, centinaia di persone come formiche brulicanti lavoravano per la ricostruzione e New York in piena crisi economica era presa da altri pensieri, dalle case che venivano pignorate ai lavoratori che non riuscivano a pagare i mutui. Insomma nonostante viva in Italia, ho avuto modo, seppur a grandi linee, di vedere la trasformazione di quel posto, simbolo di New York ed emblema della finanza nel mondo dal suo splendore alla distruzione totale, dalla ricostruzione fino alla rinascita. Arrivare e vedere quelle due fontane di marmo nero, grandi come il perimetro delle due torri abbattute, osservare l’acqua scorrere giù fino ad essere inghiottita da quello che sembra rappresentare l’abisso, leggere i nomi i delle 2.983 vittime che proprio in quel posto l’11 settembre del 2001 sono morte in nome di cosa? Mi fa provare un milione di emozioni contrastanti.

Decido di visitare il “Memorial museum 11/09” aperto il 21 maggio 2014.Il museo sotterraneo nasce li dove una volta c’erano le fondamenta delle due torri. E’ ancora possibile infatti vedere i perimetri originali formati dalle colonne scatolari fissate nella profondità che sono state recise durante la maestosa opera di sgombero e lasciate visibili solo all’interno del museo. Il museo è composto da elementi “sopravvissuti “alla catastrofe che in questo preciso contesto si vestono di solenne maestosità. Come la “Scala dei sopravvissuti “che altro non è che la scala in cemento armato, che durante l’attentato fu utilizzata come uscita di emergenza attraverso la quale centinaia di persone che fuggivano al disastro, trovarono una via di fuga. Anche in questo caso, la scala assume un non so che di monumentale, ed è immediato percepire il panico, la sofferenza di tutte quelle persone che affannosamente percorsero i suoi gradini.
Così come i resti delle colonne portanti d’acciaio che dopo l’impatto dell’aereo si accartocciarono come fossero di cartone, o il cosiddetto “diaframma “o la “Last Column”,l’ultima colonna in cemento armato ad essere portata via da Ground Zero, diventata simbolo di determinazione da parte di coloro che presero parte al recupero e alla ricostruzione del “World Trade Center “fino ad arrivare al camion dei pompieri, fra i primi soccorritori ad arrivare per gran parte distrutto dai crolli della torre sotto il quale era stato parcheggiato.

Qui tutto parla di morte di morte di sofferenza, di tragedia ma con delicatezza, per celebrare coloro che ingiustamente quel giorno persero la vita, il loro futuro. Ma soprattutto echeggia un monito che si riassume nella frase del poeta Virgilio che campeggia su una parete del museo: “Nessun giorno vi cancellerà dalla memoria dei tempi” (No day shall erase you from the memory of time) perché anche da tragedie come questa, un popolo se unito può risorgere più forte, esattamente come il popolo americano ha saputo fare.

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