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Luciana D’Aleo, Via delle bombarde

 

di Cora Craus –

“Via delle Bombarde” di Luciana D’Aleo, (ed. Besa – pag.124 – € 14) è un romanzo corale, scritto con uno stile fluido e un architettura da soft- thriller. L’autrice trasforma delle storie comuni e amaramente ordinarie di un sud appena accennato, in un romanzo di denuncia pieno di pathos. “Via delle Bombarde”, ha una precisa trama e un complesso gioco di annodati collegamenti fra le figure principali e quelle di sfondo. Le figure secondarie hanno il delicato compito di sottolineare l’humus in cui le vicende umane si snodano. Il libro narra la vita di un condominio, o meglio, la storia di alcune sue famiglie intrecciate da legami di parentele o amicizia e da un arcobaleno di sentimenti.

La storia è raccontata attraverso gli occhi di Mariannina, vedova Spezzapane. E l’autrice con poche parole ne sottolinea la bontà, la delicatezza d’animo e il mite carattere. Il romanzo apre uno spiraglio sulla “normalità” della violenza psicologica e fisica, subita dalle donne in un arco di tempo che va dagli anni venti a gli anni settanta del secolo scorso.

Tra gli innumerevoli atti di violenza vi è uno stupro risolto con l’idea di un matrimonio riparatore che la vittima paga con un intimo ed incrollabile sentimento di colpa e di solitudine fino alla morte. “Si volto da un lato. Sulla natica destra, un livido bluastro aveva la forma di una nuvola che si espandeva minacciosa. Si mise a piangere, dondolando il busto avanti e indietro…Un pianto che si perdeva in un tempo antico…Perché?”.

Il vero fulcro del romanzo, l’onnipresente convitato di pietra, è la fame d’affetto. Malattia che pervade e corrompe gli animi e i fisici dei personaggi. L’espressione più plateale e violenta di questa sofferenza è in Ninuzza, che senza più argini interiori ne viene totalmente travolta.

Espressa in maniera sottotono, e forse proprio per questo più profonda, intima e dolorosa è la fame d’affetto di Mariannina e della sua impossibilità di essere madre, il suo aver perso il bambino che aspettava e il non poterne avere più, dolore che il marito e la famiglia le fa vivere come una colpa.

In un speciale gioco di specchi, Luciana D’Aleo, nelle pagine del romanzo, contrappone le varie figure di donne che sono l’una l’Alter Ego dell’altra: la pragmatica e arida Donna Eufemia, che pure si rivela una leale e affettuosa amica per la vita della dolce, accogliente e sognante lettrice di favole, Mariannina. La severa, riflessiva e infelice Ninuzza, compagna di gioco e di rivalità femminile della superficiale, furba e futile Linda.

Le figure maschili, volutamente sbiadite e in controluce, sono chiamate a rappresentare il peggio della moralità, della sopraffazione, della violenza, nel migliore dei casi: l’inconsistenza e il vanesio. “Passarono le stagioni e con esse la fame e l’incubo della povertà. Il mercato del vino andava a gonfie vele e Alfio sapeva come muoversi tra i meandri dei palazzi della politica e della giustizia. Si vociferava che elargisse mazzette e procurasse donnine in cambio di favori, ma il lusso in cui viveva era tale da far zittire le malelingue e corrompere anche gli animi più nobili”.

I caratteri e le caratteristiche dei personaggi sono descritti con pennellate di parole lievi e lineari quasi chiamate a far da contrappunto al luogo che ospita la storia: Lecce, la città più barocca d’Italia. Non a caso il titolo del romanzo è uno spazio reale, fisico situato in uno dei quartieri più centrali della città pugliese.

L’autrice con grande leggerezza ed incisività ingloba avvenimenti della grande Storia, ovvero il fascismo, la seconda guerra mondiale, il primo uomo sulla luna, un momento terribile della storia americana contemporanea, la morte di John Kennedy, il primo presidente cattolico degli Stati Uniti ucciso a Dallas. Il fascino e l’eleganza di sua moglie, Jacqueline Lee Bouvier, detta Jackie, che conquistò il mondo e anche il cuore della figlia di Ninuzza, Annarella, la bimbetta di Lecce, innamorata del giovane presidente visto in televisione. Annarella, futuro architetto, simbolo di donne nuove, donne di oggi.

 

 

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Cora Craus

Giornalista