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Le Suffragette approdano al cinema

di Marina Bassano –

 

Suffragette è il film diretto da Sarah Gavron uscito in Italia a inizio Marzo che racconta, attraverso alcune storie particolari, la vicenda del movimento che dà il nome al film, che tra il 1912 e il 1918 scosse l’Inghilterra e portò molti anni dopo, nel 1928, all’approvazione della legge per il voto alle donne. In Italia il diritto arriverà solo nel 1945.

Protagonista delle vicende del film è Maud Watts che ha 24 anni e lavora in una lavanderia industriale da quando ne aveva 7, come aveva fatto sua madre. Casualmente si imbatte nel movimento delle suffragette, tramite una collega membro attivo della causa. La storia di Maud diventa progressivamente intrecciata profondamente con quella del movimento, a cui la donna si appassiona e per il quale soffre di gravissime perdite familiari: il marito la manda via di casa e successivamente dà il figlio in adozione, non essendo in grado di prendersene cura. Il costo personale è elevatissimo per Maud, che perde anche il lavoro, però non rinuncia alla causa e finisce più volte in carcere per aver preso parte alle manifestazioni e per le azioni di protesta.

Il silenzio dei giornali, la violenza gratuita del corpo di polizia sulle manifestanti, sono elementi che ben vengono resi nel film che vuole essere un modo di riportare all’attenzione i fatti importanti di quegli anni, con lo sguardo puntato sul particolare che tocca attraverso l’interpretazione partecipativa di Carey Mulligan. Emmeline Pankhurst, fondatrice carismatica e ricercata della Women’s Social and Political Union, è interpretata da Meryl Streep, in poche scene che bastano all’icona del cinema a renderne la giusta importanza.

Il film è crudo per molti versi e non particolarmente spettacolare da un punto di vista della resa scenografica, ma il fulcro della pellicola doveva essere la storia. Punto d’arrivo della vicenda è il sacrificio di Emily Davison che servirà a ottenere finalmente l’attenzione dei media, altro esempio dei costi incommensurabili che lotte del genere si trascinano dietro. La chiusura è affidata a immagini storiche del funerale della militante, al quale parteciparono più di 6000 donne e diedero la misura di un flusso che non si poteva più ignorare.

 

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Marina Bassano

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