Il dottor Squarcia è medico della medicina eroica!!
Il dottore Piero Eugenio Squarcia, quello della medicina eroica
di Marina Cozzo –
C’era una volta, ma c’è ancora, (eccome se c’è!!), un grande uomo la cui opera vive ancora ben impressa nella memoria della città di Aprilia.
Molti italiani del primo trentennio del 1900 venivano mandati a lavorare e vivere in Libia, e fu la destinazione anche per un ufficiale di carriera coloniale il quale, conoscendo l’affascinante figlia di un farmacista inglese, se ne innamorò e la sposò.
Da questa unione, che ha tutto il sapore esotico del sole di Tripoli, il primo novembre 1926 viene al mondo Piero Eugenio Squarcia.
Da fanciullo già manifestò tutta la sua curiosità per il sapere, imparando a leggere da autodidatta a soli 5 anni, con il giornalino “Topolino”.
Intorno al 1940, Piero si trasferì con la famiglia a Roma, dove curò studi classici e universitari, laureandosi in medicina e specializzandosi in medicina legale del lavoro.
Subito dopo il Secondo Conflitto Mondiale, il dottore divenne condotto, la quale qualifica lo portò ad esercitare la missione medica in vari paesini sperduti nei dintorni di Aprilia. E intanto conobbe la signora Mara, che divenne la sua compagna insperabile di tutta una vita con la quale condividere sacrifici, passioni, affetti, soddisfazioni, gioventù e vecchiaia.
Poi nel 1963, conobbe Aprilia. (Quello era l’anno della morte del grande Papa Giovanni XXIII e come poteva chiamarsi la via in cui andò a vivere la famiglia Squarcia?)
Quando giunse ad Aprilia, beh, il dottore si rese subito conto delle potenzialità sia sociali sia economiche del paesino: un paesino, spazzato via nemmeno un ventennio prima, e risorto dalle sue macerie per la volontà di tanti uomini e donne che non lo vollero mai lasciare.
Il suo primo studio era in Piazza Marconi e immediatamente si inserì nel contesto sociale: del resto il suo carisma è forte, tangibile e niente lo offusca, così la sua preparazione professionale e il suo intuito che lo rendono rapidamente una mente importante, vitale per la città.
Mi raccontava una mattina in cui ero andata a trovarlo per intervistarlo: “vede, signora, su questo salotto, un giorno, erano seduti tre illustri personaggi politici: volevano inserirmi in politica e chissà come sarebbe andata. Ma avrei dovuto rinunciare alla medicina e così ho declinato… io sono nato per essere medico…”.
Pochi anni dopo il suo arrivo, Aprilia registrava 12,000 abitanti, di cui 3.000 residenti nel centro urbano, e 9.000 nei poderi. Il decennio 1961-1970 era il periodo di maggior incremento in termini di industrializzazione del territorio, con potenzialità di crescita economica e abitativa esponenziale.
Ed ecco l’intuito del il Dr. Squarcia: radunò un piccolo gruppo di persone, tra cui il Dr. Giovanni Sirri, medico e proprietario della clinica di Aprilia e Franco Vannoli, per realizzare, nel 1968, una delle cose più importanti della città e che tutt’oggi è un piccolo fiore all’occhiello nella provincia: l’AVIS, che nel 1980 da centro di raccolta di sangue diviene centro trasfusionale. Il Dr. Sirri metteva i locali e la disponibilità della sua clinica, Vannoli reperiva i donatori girando per le campagne in bicicletta e il Dr. Squarcia, che fu donatore per ben 50 volte, prelevava sangue.
All’epoca del boom dell’AVIS, il centro contava ben 1.400 donatori, ora con 75.000 abitanti il numero non è aumentato, come ci si aspetterebbe e alla domanda del perché di questo lui risponde malinconicamente, con le parole del suo amico Franco Vannoli, “perchè non c’è più amore”.
Ecco il moto di tutto l’essere DOTTORE per Squarcia.
Ogni riconoscimento ottenuto nella sua vita e ogni contesto in cui era inserito, lo deve al suo fascino professionale e alla sua preparazione e senso di responsabilità, così da venire eletto Presidente del Sindacato provinciale “medici di famiglia” e rimane in carica per ben 30 anni.
Nel 1992 andò in pensione all’età di 62 anni.
Era contento perché era molto stanco: non una domenica, non una festività serena, perché doveva sempre correre per qualche emergenza.
Una volta, e parliamo dei primi anni di professione, lo chiamò un’ostetrica di un paesino sperduto dei Monti Lepini, Cerreto Laziale, c’era un parto podalico da affrontare. Nella casa praticamente non v’era luce, ma un labile lampadina da 6 w. E cominciava a scender la sera. Il parto era completamente aperto e si intravedeva il sederino nel neonato. Il dottore era davvero preoccupato perché, letteralmente, non sapeva come prenderlo. Così fece piegare, dal padre del nascituro, due chucchiaioni di rame che vedeva pendolare tra i pensili della cucina adiacente, e li uso come “appiglio”. A quella scena, già delicatissima e di grande pathos, l’ostetrica “decise” di svenire, perciò c’era da soccorrere anche lei. Insomma, il bimbo, nonostante il buio, gli strumenti e gli svenimenti, nacque sano e perfetto, così come la mamma sperava e venne soprannominato in paese “cucchiaione”.
Dopo un po’, però il riposo forzato della pensione cominciava a stancare il medico Squarcia il quale, da tempo valutava e soppesava il livello della medicina nelle scuole e si diceva: “si pensa al cuore, alle schiena e a tante altre cose, ma non si pensa mai agli occhi dei bambini”. Dal 2001 al 2009, perciò fino a pochissima anni fa, il dottore, tornava ad esercitare gratuitamente, ma con i bambini, portando, perciò, l’esame oftalmico scolastico.
A sentilo raccontare, anzi a vederlo raccontare, con la sua eleganza, con la sua gestualità nobile, il suo fraseggiare di filantropia in latino come fosse un comune dialetto, non si può non rimanere incantati: i suoi aneddoti, le innumerevoli onorificenze ottenute finanche da sceicchi, il patrimonio di conoscenza nel campo medico e non solo, rispondono facilmente alla domanda:
chi è Piero Eugenio Squarcia? Egli è un uomo, che ama, ama la vita e vuole renderla felice ai bisognosi, che ha preso il suo mestiere come intima vocazione per manifestare una unica priorità umana: l’amore.