Borgo Montenero, dopo 90 anni tutto come allora.
di Marina Cozzo –
Borgo Montenero nasce negli anni trenta a ridosso dei comuni di Terracina e San Felice Circeo, nell’opera di redenzione dell’Agro Pontino grazie alla grande bonifica che domò la palude trasformandola in terra fertile.
La prima pietra venne posta il 6 maggio 1934 e l’inaugurazione del Borgo vi fu appena un anno e mezzo dopo. In quella occasione Benito Mussolini preannunciava la nascita del secondo centro urbano dell’Agro, Sabaudia e di un terzo per ottobre del 1935.
Tra il 1928 ed il 1940 il fascismo dette vita a dodici nuove cittadine e a vari agglomerati minori proprio come Borgo Montenero bonificando oltre 70mila ettari di paludi attraverso l’azione dell’Opera Nazionale Combattenti e del Consorzio di Bonifica vincendo una vera e propria guerra contro la natura.
La nascita del Borgo rappresenta la conclusione di quell’intensa e stremante stagione di lavoro che fece fiorire villaggi operai, centri aziendali, borghi di servizio e borgate rurali: il principale ruolo era di fornire e garantire ospitalità e assistenza sanitaria al personale operaio e dirigenziale addetto alla bonifica del territorio appena avviata.
Con il procedere delle operazioni di risanamento, la funzione dei borghi diverrà più specificatamente quella di quartiere generale a capo di una estesa superficie agricola appoderata.
Anche questa località prende nome da una delle battaglie più sanguinose della Prima Guerra Mondiale.
La conquista del Monte Nero fu l’evento militare più importante della spallata data tra il 24 maggio 1915 e la metà di giugno dall’esercito italiano, e venne definito il primo sbalzo offensivo.
La prima avanzata oltre l’Isonzo sulle falde del Monte Nero fu eseguita con truppe miste di Alpini e Bersaglieri, la mattina del 31 maggio 1915; nel pomeriggio il nemico contrattaccò, ma venne respinto. Nei giorni 1 e 2 giugno le truppe italiane scesero obliquamente lungo i fianchi del massiccio fino ad incontrare le difese apprestate dagli austriaci nella conca di Tolmino.
La lotta proseguì accanita e sanguinosa per diversi giorni, anche se poi l’avanzata italiana fu costretta ad arrestarsi.
Ma poi, facendosi sempre più pressante la spinta italiana, al Comando Austriaco non rimase che tentare la riconquista del terreno perduto: l’11 giugno da Plezzo sei battaglioni di truppe scelte da montagna appena giunte dalla Galizia, iniziarono a salire il primo costone del Monte Nero; la battaglia ingaggiata con Alpini e Bersaglieri fu aspra, il terreno venne conteso palmo a palmo, e a sera gli attaccanti vennero respinti sulle posizioni di partenza.
Nella notte tra il 13 e 14 giugno furono gli italiani a cercare di estendere l’occupazione del massiccio del Monte Nero in direzione della cima del Potoce: dal comunicato del Comando Supremo sull’impresa: “Bisognava avanzare di notte senza farsi sentire, inerpicandosi su rocce quasi a picco. Gli Alpini erano armati di fucile e bombe a mano…”.
Il 24 ottobre 1917 truppe austro-tedesche (l’armata Von Below) attaccarono da Plezzo e Tolmino la prima linea italiana; sul Monte Nero era in trincea la nostra 43° divisione, che venne attaccata dalla 50° divisione del gruppo Stein. La Brigata Genova riuscì a respingere gli assalitori, mentre a cavallo del monte Rosso la Brigata Etna teneva fermo il nemico di fronte alle sue posizioni. Ma questi eroismi risultarono vani, anzi ritardarono il movimento di sganciamento, cosicché una volta giunte a Caporetto le due Brigate trovarono il ponte sull’Isonzo distrutto. Non rimase loro che arrendersi. Il Monte Nero tornò austriaco.
Borgo Montenero è uno dei Borghi più belli della bonifica perché sembra quasi che a lì il tempo si sia fermato a quell’epoca e che ora come allora l’attività umana ed economica si concerti e si svolga attorno alla sua parrocchia ed alla sua torre.
Ed è proprio dalla parrocchia che si dipana la trama della sua storia sociale. Raccontare il borgo senza passare per la sua parrocchia è come narrare una storia senza la sua trama sociale e culturale. Infatti sono ancora molto radicati i valori della famiglia, del lavoro e della religione, che hanno la manifestazione più alta nelle “Giornate del Ringraziamento” e nella preghiera dei “Capitelli” con la festa della “Rosa Mistica” e di “San Francesco”.
Esso non ha perso l’aspetto di centro agricolo ben organizzato, ma con una vocazione che lo prospetta verso un richiamo turistico, rendendo la zona sempre più conosciuta e amata.
Naturalmente, oggi il borgo ha una sua autonomia dalla base di controllo di San Felice Circeo tanto che qui è possibile nascere ma anche essere sepolti, senza mai recidere il cordone ombelicale dalla propria terra.