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PASSEGGIAMO PER NINFA, GIARDINO PARADISIACO VOLUTO DA TRE DONNE

di Marina Bassano –

Da tempo desideravo tornare a Ninfa, ormai lontana nei ricordi d’infanzia, meta di gite scolastiche e di familiari. Desideravo tornarci con occhi adulti, con una diversa percezione e un diverso vissuto.
Quando finalmente ci sono riuscita e è stato tutto una nuova scoperta.

Una delle cose che mi ricordavo da piccola era l’ingresso, perché ci vuole pazienza per entrare, causa i pochi giorni di apertura, il Giardino è preso d’assalto e le file sono inevitabili. Se da piccola potevo andare in giro per lo spazio antistante con un pallone, facendo scivolare via il tempo mentre i miei facevano la fila per me, ora da persona adulta bisogna compostamente aspettare il proprio turno in fila.
Arrivando intorno alle 10.15 la fila per i biglietti scorre velocemente, per entrare bisogna aspettare un’oretta e mezza.
Finalmente dentro, il Giardino non delude le aspettative ma le rinforza. Appena entrati subito si staglia la Torre, e gli alberi tutti in fiore aumentano la suggestione visiva. La montagna con Sermoneta e Norma in cima aggiunge un tocco al panorama senza eguali.

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La guida ci introduce alla storia di Ninfa, e la nuova scoperta è che la preservazione e l’arricchimento della varietà di piante presenti sono opera di tre donne: alla fine dell’ottocento la moglie di Onorato Caetani, Ada Bootle Wilbraham, con i figli Roffredo e Gelasio, diede l’impronta del giardino anglosassone romantico, opera proseguita dalla moglie di Roffredo, Marguerite Chapin, che oltre a incrementare le specie, aprì il Giardino a un circolo di letterati e artisti come luogo ideale dal quale trarre ispirazione. L’ultima donna della famiglia in ordine di tempo fu la figlia di Roffredo e Marguereite, Leila, a cui va il merito della composizione e degli accostamenti dei colori dei fiori, assecondando la naturale crescita delle stesse piante, e la creazione di un rock garden insieme alla madre. Prima di morire Leila creò la Fondazione Caetani nel 1972, che preserva Ninfa e il Castello di Sermoneta, e valorizza l’intero territorio pontino e lepino.

Il nostro gruppo era abbastanza nutrito, e la guida necessariamente andava un po’ di corsa per far spazio agli altri gruppi, in modo che non si ammassassero nello stesso punto, ma per ammirare tutte le sfumature del Giardino è veramente poco il tempo che abbiamo per non restare indietro, puntualmente ripresi dagli addetti al controllo sparsi per il percorso, che intimano ripetutamente di non restare indietro. Aspetto questo non molto piacevole, in un posto del genere è veramente un crimine non avere la possibilità di fermarsi qualche minuto in più per qualche foto e per uno sguardo personale più approfondito delle meraviglie che ci circondano.

I differenti microclimi del Giardino si percepiscono tutti, a pelle, da quelli più caldi a quelli più refrigerati, essendo Ninfa riparata felicemente dalle montagne alle sue spalle e trovandosi alla giusta distanza dal mare. Con essi le differenti specie di piante e fiori, che assecondano le zone climatiche e vengono disposti secondo precisi schemi e accostamenti cromatici che sembrano naturali, ma che nascondono invece uno studio approfondito e un gusto particolare.

Quando si arriva agli specchi d’acqua il gioco si fa più articolato, con l’acqua che riflette i colori e le luci degli alberi, dei fiori, e il suo lento scorrere aggiunge un suono rilassante e paradisiaco. I ponticelli e le piante subacquee smosse dolcemente dal corso dell’acqua fanno il resto.

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Dichiarato Monumento Naturale della Repubblica Italiana dal 2000, Ninfa pare prenda il nome da un tempio di età classica dedicato alle ninfe, e dall’omonimo laghetto di origine risorgiva; i primi insediamenti risalgono all’epoca romana. Otto ettari di verde, oltre 1000 specie di piante, camminare tra le rovine della città medievale travagliata da varie distruzioni e da vari passaggi di proprietà (dai vari pontefici, ai conti, ai Caetani, passando per la famiglia Frangipane e i Colonna), tra i ruderi di chiese ed edifici e i fuori che se ne impossessano, è un’esperienza unica nel suo genere, da cui i sensi escono gratificati: oltre alla vista e all’udito anche l’olfatto non può che trarre giovamento dai profumi che arrivano sempre diversi a ogni folata di vento.

Una passeggiata irrinunciabile per una delle punte di diamante del nostro territorio, ricco di storia e di natura.

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Marina Bassano

Marina Bassano

Redattrice