Maria e la colpa di Alessandro
di Marina Cozzo –
La principale e la più grave punizione per chi ha commesso una colpa sta nel sentirsi colpevole.
(Lucio Anneo Seneca)
“Allora – confessò Alessandro Serenelli – l’acciuffai quasi brutalmente per un braccio e, poiché faceva resistenza, la trascinai dentro la cucina, che era la prima camera dove si entrava, e chiusi, con un calcio, la relativa porta d’ingresso col solo saliscendi orizzontale, applicato all’interno. Essa intuì subito che volevo ripetere l’attentato delle due volte precedenti e mi diceva: No, no, Dio non lo vuole. Se fai questo vai all’inferno. Io allora, vedendo che non voleva assolutamente accondiscendere alle mie brutali voglie, andai sulle furie e, preso il punteruolo…”.
Alessandro. Alessandro. Ma chi era costui? Chi era il carnefice di una piccola fanciulla dal nome Maria Goretti?
Inutile dire che la sua infanzia fu davvero difficile e infelice: 1° non conobbe mai la madre, morta due mesi dopo la sua nascita, mentre si trovava in una casa di cura per malati mentali; 2° aveva sette fratelli, che moriranno tutti in circostanza drammatiche; 3° i continui spostamenti della famiglia da un luogo ad un altro per motivi di lavoro, che non gli consentirono di stabilire legami solidi con i suoi coetanei; 4° un padre distante e poco attento alla sua formazione, come era peraltro comune per l’epoca. Nessun confronto costruttivo, nessuna educazione religiosa. Così crebbe Alessandro, con tutte le carenze caratteriali ed educative.
Da un paese ad un altro, dicevamo, fino ad arrivare a Poliano, dove conoscerà la famiglia Goretti nel 1896, ancora adolescente. La sua esistenza già segnata dal dolore e dalla incoerenza, dal caotico, viene a confrontarsi con quella di una famiglia strutturata e dai ruoli ben delineati, come la famiglia Goretti. Questo costituì un termine di paragone destabilizzante e conflittuale per Alessandro.
Ma fu la morte prematura di Luigi Goretti, il papà di Maria, a deformare i rapporti tra le due famiglie, generando squilibri e dinamiche negative: i Serenelli iniziarono ad esercitare una forma di potere, rasente la prepotenza e le figure femminili della famiglia Goretti furono costrette ad assumere ruoli che non sarebbero stati di loro competenza, rendendo più pesante la loro quotidianità. La stessa Marietta si ritrovò precocemente ad essere la “donna di casa” e “a fare da mamma” ai fratelli più piccoli, mentre Assunta, la mamma, si recava a lavorare nei campi al posto del marito.
Alessandro, incapace di gestire le proprie sensazioni e i propri comportamenti per l’incuria educativa del padre, incapace anche di pensare ad un semplice corteggiamento, era come un selvaggio indomo al cospetto della “sua” Marietta, che desiderava e voleva per sé
… viva o morta.
La fanciulla del Borgo era sempre più raggiungibile e indifesa, perché spesso sola in casa. Sentendosi rifiutato da lei più volte, lasciò che si facesse spazio nella sua mente un piano perverso e irrefrenabile.
Così si consumò il delitto.
Ma allo sgomento per il gesto folle appena compiuto, intriso del dolore della colpa, dell’orrore di un delitto premeditato, si liberò il gesto più sublime e sorprendente: il perdono di Marietta. Senza esitazioni, senza condizioni, senza ripensamenti.