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Maria Goretti viveva a Borgo Le Ferriere – prima parte

di Marina Cozzo –

 

Ti affanni, mia buona figliuola, a cercare il sommo Bene. Ma, in verità, è dentro di te e ti tiene distesa sulla nuda croce alitando forza per sostenere il martirio insostenibile e amore per amare amaramente l’Amore. Quindi il timore di vederlo perduto e disgustato senza avvedertene è tanto vano, quanto egli è vicino e stretto a te. Vana è parimenti l’ansia dell’avvenire, giacché il presente stato è una crocifissione dell’amore.” (S. Pio da Pietrelcina)

Forse Padre Pio, pensava proprio a Maria, Maria Goretti, una fanciulla semplice semplice, pura e con un coraggio e una forza…
Viveva a Borgo Le Ferriere e lì trovò la morte a soli 12 anni divenendo uno dei personaggi storici più seguiti del Borgo, specie dopo la sua beatificazione e santificazione nel 1950.
Così andò:
Maria in quel momento è sul pianerottolo, in alto, sta rammendando un camicia per ordine di Alessandro. A farle compagnia c’è Teresina, di appena due anni, addormentata sopra una coperta. Assunta traffica nell’aia polverosa e afosa di quel pomeriggio del 2 luglio del 1902.
Alessandro non avrebbe più aspettato.

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Lui sta lavorando nel campo ma lo sguardo lo rivolge sempre verso la casa, pensando, fantasticando e fomentando sempre più la sua brama. Improvvisamente salta giù dal suo carro e, fingendo di dover salire un momento in casa per cose urgenti, dice ad Assunta: “Volete guidare un po’ voi, finché vado di sopra un minuto?”.
Assunta, che era la mamma di Maria, giammai avrebbe potuto immaginare…
Alessandro, come un toro al trotto focoso, percorre la distanza fino alla casa, entra in camera, pone il punteruolo sulla madia della cucina e, aprendo silenziosamente l’uscio, ordina a Maria di entrare in casa.
Maria non risponde, è pietrificata. Già sa.
Allora – confessò in seguito lo stesso Alessandro – l’acciuffai quasi brutalmente per un braccio e, poiché faceva resistenza, la trascinai dentro la cucina, che era la prima camera dove si entrava, e chiusi con un calcio la porta d’ingresso col solo saliscendi orizzontale, applicato all’interno. Essa intuì subito che volevo ripetere l’attentato delle due volte precedenti e mi diceva ‘No, no, Dio non lo vuole. Se fai questo vai all’inferno’. Io allora, vedendo che non voleva assolutamente accondiscendere alle mie brutali voglie, andai sulle furie e, preso il punteruolo, cominciai a colpirla sulla pancia, come si pesta il granturco… Nel momento che vibravo i colpi, non solo si dimenava per difendersi, ma invocava ripetutamente il nome della madre e gridava: Dio, Dio, io muoio, Mamma, mamma! Io ricordo di aver visto del sangue sulle sue vesti e di averla lasciata mentre essa si dimenava ancora. Capivo bene che l’avevo ferita mortalmente. Gettai l’arma dietro il cassone e mi ritirai nella mia camera. Mi chiusi dentro e mi buttai sul letto” (trascrizione della confessione).

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Le ferite all’addome sono così profonde da far fuoriuscire una parte dei visceri.
Ma Maria trova la forza di alzarsi, di aprire la porta e di chiamare Giovanni: “Giovanni, venite su, ché Alessandro mi ha ammazzata”.

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Marina Cozzo

Marina Cozzo

Giornalista