“Una Parrocchia in uscita. 1969 – 2021”, libro a cura dell’Istituto di Scienze Umane e Sociali di Latina
Di Cora Craus –
“Una parrocchia in uscita. 1969 – 2021” (Ed. Atlantide – Pag. 94 – € 12) è un docu-libro che racchiude tantissime testimonianze, da cui traspare un amore vero per la ricerca e per un luogo simbolo di Latina. Un tuffo emozionante nella nostra storia recente. Grazie al linguaggio chiaro e sintetico della narrazione, la ricchezza di dati e una bell’ appendice fotografica rende “familiare” una storia anche a chi non l’ha vissuta, magari per problemi anagrafici, e trasforma l’accurato lavoro di Cristina Rossetti e Sparta Tosti, le curatrici del libro, in un diario coinvolgente per qualunque latinense Doc o di adozione.
“Il presente volume – scrive Sparta Tosti, Presidentedell’Istituto di Scienze Umane e Sociali di Latina– redatto per celebrare il cinquantesimo anniversario di costituzione della parrocchia, intende offrire una sintesi dei risultati di una ricerca basata sia sulla documentazione d’archivio sia sulle fonti orali. Il lavoro fa emergere una sorprendente energia spirituale e una sorta di anticipo dell’invito di Papa Francesco a diventare chiesa in “uscita”, una Chiesa, cioè, che sa prendere l’iniziativa senza paura, che trova il coraggio di andare incontro all’altro, farsi carico dei bisogni degli ultimi e offrire a tutti la forza e la luce dell’incontro con Cristo.”
Quando e come è nata la Parrocchia di San Francesco a Latina?
Domanda a cui, nel libro, risponde Cristina Rossetti, vice presidente dell’Istituto di Scienze Umane e Sociali di Latina “Nel 1967 i Cappuccini hanno costruito il convento e la Chiesa di San Francesco nella località Piccarello, sulla strada diventata via dei Cappuccini. Essi hanno ottenuto anche l’intitolazione della strada vicina, che originariamente era via Tor Tre Ponti, nell’odierna via San Francesco. Gli edifici sono stati costruiti con semplicità ed eleganza sul terreno acquistato dalla Provincia Romana dei Cappuccini nella zona Piccarello, per volontà di padre Biagio Terrinoni, allora padre superiore provinciale, il quale era legato al territorio delle ex Paludi Pontine per avervi vissuto parte della sua fanciullezza facendo il pastore, quando, nei mesi invernali, la sua famiglia vi si trasferiva da Fiuggi con tutti gli armamenti, seguendo la tradizione della transumanza”.
Rincontrare nelle pagine del libro personaggi ma soprattutto persone vere, autentiche è stato un commovente dono. Latina si appresta a festeggiare i suoi primi novant’anni in questo libro ve ne sono ricordati cinquanta: vanno dalla nascita della chiesa fino al 2021. Tra le tante testimonianze riportate, per me, è stata particolarmente toccante imbattersi in quella di Padre Osvaldo Capogna, Cappellano dell’ospedale Santa Maria Goretti di Latina, punto di riferimento dei malati e di chiunque abbia fatto, poco o tanto, volontariato in ospedale con le varie associazioni. A lui ci si rivolgeva per una parola d’incoraggiamento ma anche per placare la “rabbia di Giobbe” che esplodeva di fronte ad una morte o ad un peggioramento della malattia, ritenuta troppo ingiusta, di persone con cui si era empaticamente uniti; i volontari, in quanto tali, non assistevano mai i parenti.
Troverete, nel capitolo “Le Testimonianze”, le parole, i ricordi scritti direttamente da padre Osvaldo. Il quale è stato il primo Superiore del convento dei Cappuccini di Latina ed venuto a mancare nel 2013.
Nella scia pioneristica, che contraddistingue la tradizione latinense, ben s’inserisce la testimonianza di Ludovica D’Alessio che nella parrocchia di San Francesco creò un “Centro d’ascolto Caritas”. “Abbiamo cominciato proprio con l’ascolto, – scrive la D’Alessio – per renderci conto delle esigenze dei più poveri. Cambiano i tempi, cambiano i governanti, ma le necessità di chi non ha niente. O quasi, sono sempre le stesse. Ieri come oggi, al Nord come al Sud in Oriente o in Occidente: il cibo, le medicine, i vestiti, le bollette da pagare, il bisogno di parlare con qualcuno ecc.”
Per molti di noi la chiesa di San Francesco, oltre che luogo di culto e di aggregazione, è stata: “il teatro” e vogliamo ricordarlo con dei versi di Roberto Noce, uno dei protagonisti, a partire dagli anni ’90, di quel teatro. I versi sono tratti dalla composizione “O teatro”
“S’arapeno e pòrte,/ e a gente trase e s’assetta./Palann, s’aggiustano a seggia./A nu mumento se stuta a luce,/ a musica saglie, s’arape o sipario/ e accummencia a cummedia./ A uno a uno gli attori traseno in scena./Dal fondo della sala, nu colpo e tosse/rompe o silenzio./ Sssss! Ciure a porta che fa currente./O pubblico rire/e po’ statt attient nata vota./ Ma mò che rè stu silenzio,/ah c’è il gran finale./”