Alberto Serarcangeli ha inaugurato la nuova rassegna 2024 della Benacquista Art Collection
A cura di Cora Craus –
MAD – Museo d’arte diffusa propone sei esposizioni diffuse con alcune opere specificamente dedicate al mare nella nuova rassegna d’arte contemporanea della Benacquista Art Collection, che per il 2024 ha programmato un fitto calendario di appuntamenti artistici. A inaugurare la rassegna è il pittore pontino Alberto Serarcangeli che esporrà per i primi due mesi dell’anno, gennaio e febbraio, negli spazi della filiale a via del Lido proseguendo così la sua mostra diffusa iniziata al Castello di San Martinoa Priverno questa estate e ampliata al Garden Hotel a Latina.
Altre 5 mostre saranno protagoniste nei successivi mesi dell’anno, sempre con artisti pontini quali Piera Vertecchi, Luciano Cisi, Max Giorgetta, Alena Panchishin, Alessandra Chicarella.
Inoltre, dal 2 gennaio al 29 febbraio, la personale di Serarcangeli si avvicenda alla personale di Maria Rita de Giorgio che continua il suo percorso nel museo diffuso allo “Spazio Mad” di Via Cattaneo 5 e incontra la mostra di fumetto di Fabrizio Gargano e la mostra fotografica sulla “Terra del fuoco” di Paolo Petrignani.
Nella poetica del maestro Alberto Serarcangeli, nei dipinti ad olio in mostra, è forte l’accenno al paesaggio pontino con evidenti riferimenti alla nostra costa, ai reperti storico archeologici, ad oggetti evocativi insieme ad una pura ricerca pittorica su spazio e luce nel paesaggio appunto esterno e nei contesti più intimi.
La critica d’arte Laura Cianfarani, con le sue note a margine, guida i visitatori in un excursus alla scoperta dell’immaginario dell’artista pontino:L’artista è l’artigiano che parla latino”. Questa semplice frase di Alberto Serarcangeli può a pieno titolo sintetizzare la sua intera poetica, quella cioè di un esponente centrale dell’arte pontina che rivendica fermamente il valore della tecnica nel raggiungimento del risultato espressivo.
Serarcangeli è Maestro di pittura, incisione, ceramica, scultura e fotografia, le sue opere sono interamente frutto delle sue mani, dalla realizzazione di cornici all’ottenimento di colori attraverso la combinazione dei pigmenti, proprio come in arte era costume sino all’arrivo degli Impressionisti, che si avvalsero delle conquiste della Rivoluzione Industriale, quando la specializzazione del lavoro permise di utilizzare prodotti che uscivano direttamente dalla fabbrica. La forma e la composizione sono fondamentali, non come esercizio di stile fine a se stesso, quanto, piuttosto, per l’esito finale dell’opera e per la poesia di cui è insita attraverso atmosfere pacate, silenziose, che invitano alla riflessione. Alberto, attraverso la sua produzione, mette in discussione il concetto astratto dell’artista romantico che in preda al furor esegue capolavori sublimi e assoluti.
Lo stile, piuttosto, è il risultato della tecnica. L’elemento fattivo rivendica il suo ruolo nell’arte. Come può, infatti, un artista creare qualcosa che ha ben chiaro in mente senza padronanza degli strumenti che glielo permettano? Questo non significa approdare a un accademismo rigido e freddo: la padronanza tecnica permette infatti all’artista di raggiungere risultati di intensa poeticità, sia che si tratti di nature morte, di paesaggi, o di composizioni che strizzano l’occhio alla Metafisica di De Chirico, Funi e Trombadori.
Alberto dà molto rilievo al valore della tradizione, della storia, della memoria: per andare avanti è necessario conoscere quello che è stato prima di noi, non ci si improvvisa artisti. È in quest’ottica che s’inserisce lo studio approfondito della storia dell’arte e delle tecniche antiche, da quelle degli olandesi, passando per i fiamminghi e i tedeschi, sino ad approvare alla Metafisica, alla Nuova Oggettività e al Realismo Magico. L’eclettismo è, dunque, una proprietà che contraddistingue l’attività del Maestro, eppure la sua mano traspare sempre, nella limpidezza delle forme, nell’accuratezza con cui rende le proprietà della luce, nella stesura a velature, nella finezza manuale. L’artista s’ispira al vero, lo osserva, lo studia sino a penetrarlo e farlo suo, per poi trasformarlo in qualcosa che abbia valore emozionale, e lo fa saldando la realtà alla libertà del personale sentire, affinché all’opera spetti l’arduo compito di trasmettere suggestioni. All’opera, sì, perché questa, una volta finita, acquisisce vita autonoma, non è più di chi l’ha creata ma di chi la fruisce, o sarebbe più corretto parlare di vite autonome, al plurale, in virtù delle differenti interpretazioni date dal pubblico. Allo stesso tempo ogni lavoro è un autoritratto, perché per l’artista è fondamentale ascoltare il quadro, il che implica ascoltare se stesso e scoprire parti della sua personalità che altrimenti gli sarebbero ignote, dato che quell’opera gli rivela le emozioni, i pensieri e gli studi dei momenti in cui l’ha realizzata. E in quest’aspetto si rivela una forte dose di contemporaneità, perché nel presente si pone in atto e riacquista vita un insieme di sensazioni e pensieri del tempo, passato, della realizzazione. Non è un caso, a tal proposito, che il Maestro lavori diverse opere insieme e che questo gli permetta, ogni volta che torna su un quadro o scultura, di riprendere esattamente da dove l’aveva lasciati, sia a livello tecnico che dal punto di vista di una dimensione interiore, tenendo sempre fermo il valore della narrazione e del racconto di sé, della natura, della vita”