EssereDonna- Magazine augura un Buon Natale con un grande della letteratura: Charles Dickens e il suo “Canto di Natale”
di Cora Craus –
Una fiaba per grandi e piccini, un libro che torna ogni anno sulla nostra pagina a ricordarci e condividere lo “Spirito del Natale”. Il nostro augurio, il pensiero di EssereDonna-Magazine, care lettrici/ri, per augurarvi serene feste e di ringraziarvi dell’affetto, dell’attenzione con cui seguite il nostro lavoro. Un dolce Buon Natale: da noi per te che leggi.
Charles Dickens scrisse “Canto di Natale” in sei settimane nell’autunno del 1843 e così volle presentarlo nella prefazione: “In questo libriccino sullo spirito ho cercato di evocare lo spirito di un’idea che non metta i miei lettori di mal animo con se stessi, fra di loro, con la stagione e con me. Possa esso aleggiare gradevolmente nelle loro case e che nessuno desideri scacciarlo. Il loro fedele amico e servitore Charles Dickens”.
Il protagonista del romanzo è il vecchio Ebenezer Scrooge. Un uomo che ostenta il proprio astio sia nei confronti del mondo che dei suoi simili e ancor più marcatamente mostra la propria indifferenza verso il Natale. Il vecchio Scrooge si prepara, ben deciso, a passare da solo il Natale come sempre. Ma qualcosa, uno straordinario avvenimento, cambierà radicalmente i suoi propositi.
La notte della vigilia, gli appare il fantasma di Jacob Marley, il suo socio in affari morto da molti anni, il quale gli annuncia che tre spiriti verranno a visitarlo. Il primo spirito sarà il “Fantasma dei natali passati”; il secondo spirito sarà quello del “natale presente”; il terzo sarà lo spirito dei “natali futuri”. Il vecchio Scrooge terrorizzato si prepara ad affrontare una notte di paura con l’incubo di essere ghermito dai fantasmi…ma Charles Dickens nel Natale, ricorda il critico letterario Alessio Altichieri, vi immagina ben altro vi immagina : “Un giorno di allegria, di bontà, di gentilezza, di indulgenza, di carità, l’unico momento nel lungo corso dell’anno nel quale gli uomini e donne sembrano disposti ad aprire liberamente il proprio cuore, disposti a pensare ai loro inferiori non come a creature di un’altra specie destinate a un altro cammino, ma come a compagni di viaggio, del medesimo viaggio…”