“Guarda! E’come nei film!”: New York, immenso set cinematografico
di Marina Bassano –
Capitolo primo. “Adorava New York. La idolatrava smisuratamente…” No, è meglio “la mitizzava smisuratamente”, ecco. “Per lui, in qualunque stagione, questa era ancora una città che esisteva in bianco e nero e pulsava dei grandi motivi di George Gershwin…” No, fammi cominciare da capo… capitolo primo. “Era troppo romantico riguardo a Manhattan, come lo era riguardo a tutto il resto: trovava vigore nel febbrile andirivieni della folla e del traffico. Per lui New York significava belle donne, tipi in gamba che apparivano rotti a qualsiasi navigazione…” Eh no, stantio, roba stantia, di gusto… insomma, dai, impegnati un po’ di più… da capo. Capitolo primo. “Adorava New York. Per lui era una metafora della decadenza della cultura contemporanea: la stessa carenza di integrità individuale che porta tanta gente a cercare facili strade stava rapidamente trasformando la città dei suoi sogni in una…” Non sarà troppo predicatorio? Insomma, guardiamoci in faccia: io questo libro lo devo vendere. Capitolo primo. “Adorava New York, anche se per lui era una metafora della decadenza della cultura contemporanea. Com’era difficile esistere, in una società desensibilizzata dalla droga, dalla musica a tutto volume, televisione, crimine, immondizia…” Troppo arrabbiato. Non devo essere arrabbiato. Capitolo primo. “Era duro e romantico come la città che amava. Dietro i suoi occhiali dalla montatura nera, acquattata ma pronta al balzo, la potenza sessuale di una tigre…” No, aspetta, ci sono: “New York era la sua città, e lo sarebbe sempre stata…”
(Woody Allen: “Manhattan”)
Tanto è stato detto su New York e i film, ci sono guide apposite per ripercorrere gli itinerari visti sul grande schermo più e più volte. La mia frase ricorrente girando per le strade era: “Guarda! E’ come nei film!”
Per un cinefilo una delle massime aspirazioni è vedere con i propri occhi quei luoghi, immaginare che proprio nell’esatto punto in cui ci si trova, i grandi attori hanno girato la scena, i registi hanno dato consigli, con la troupe che li seguiva. Questo perché il cinema fa sognare, ed essere nella città del cinema per eccellenza fa dilatare questo sogno, questa atmosfera di magia. Il bello è che se si consulta il sito più famoso in questo settore www.onthesetofnewyork.com che riporta delle mappe dettagliate della città divisa per zone, ci si accorge che praticamente ogni strada contiene almeno un riferimento a un film.
Più che prendere gli itinerari pronti e impacchettati e seguirli alla lettera, la cosa più emozionante è invece camminare liberamente per un quartiere e lasciarsi sorprendere da quello che si incontra, ritrovandosi spontaneamente ad esempio sulla pista di ghiaccio di Central Park, circondati dalle luci dei grattacieli e immaginarsi la grande scena d’amore di Serendipity con tanto di note romantiche in sottofondo, salvo poi trovarsi brutalmente col didietro a terra per una caduta dai pattini, con la pista invasa da milioni di persone perché, alla fine, è come nei film, ma non è un film.
Oppure imbattersi da turista vestita come un palombaro, che si deve difendere dal freddo, nel negozio di Tiffany sulla 5th Avenue, immedesimandosi per un istante all’icona di eleganza per eccellenza, la magnifica Audrey Hepburn di Colazione da Tiffany, col suo tubino nero, senza motivo peraltro, visto che si è equipaggiati con ombrello bagnato, leggins, scarpe comode, piumino che fa tipo omino Michelen, guanti, cappello e sciarpa. E ci si chiede anche come faccia il buttafuori a farti entrare conciata in quel modo. Ma è bello lo stesso, è bello lo scintillìo dei diamanti che dalle vetrine ti richiamano ipnotizzata, e l’immagine che viene di te è che in quel momento sei un fumetto con gli occhi a forma di diamanti.
O ancora quando ti ritrovi a passeggiare per Brooklyn, nei pressi del ponte, e le immagini delle sparatorie tra le gang di C’era una volta in America vengono richiamate nitidamente, con un De Niro d’annata, e le musiche sublimi di Ennio Morricone a fare da sottofondo, come se le sentissi suonare in quel momento, per strada.
Si potrebbe andare avanti pagine e pagine scorrendo le immagini di film del passato e recenti, ma una menzione a parte merita la New York di Woody Allen, cornice speciale della maggior parte dei suoi film, dal ponte Bow Bridge di Melinda e Melinda, alla downtown di Io&Annie, fermarsi a magiare da Canergie Deli di Broadway Danny Rose o da Elaines’ di Misterioso omicidio a Manhattan, per non parlare del film Manhattan che è una poesia per la città e una poesia nella storia, sublimata nella veduta dal Queensboro Bridge, che fa da locandina al film, che collega Long Island con Manhattan.
Perchè è così che ho imparato a conoscere e ad amare questa città, prima di averla vista. E’ principalmente attraverso gli occhi di Woody che me ne sono innamorata. Non per farne un viaggio turistico per fare foto dove è stata girata la scena x, (quella ovviamente ci scappa ma non è certo il fine ultimo) ma per capire cosa di quel posto ha ispirato, cosa ha comunicato al regista per sceglierlo, e respirare la sua stessa aria di creatività. Certo la città aiuta con i suoi scorci grandiosi, ma far trasparire e comunicare l’amore che si prova nei suoi confronti è qualcosa di profondamente diverso. Esempio lampante ne è la Barcellona di Vicky Cristina Barcelona, città non da meno, della quale però non c’è un effetto che sia lontanamente paragonabile alle vedute di New York.
E’ un amore totale quello del regista per New York che si sprigiona a ogni inquadratura e che conferisce a molti suoi film quel tocco in più che gli altri non hanno. E il suo meglio lo dà quando gira tra i confini della metropoli americana, in una sorta di simbiosi: quello che la città regala ai suoi film, lui lo restituisce alla città stessa, illuminandone alcuni angoli come solo un grande regista sa fare. D’altronde New York era la sua città e lo sarebbe sempre stata..