“Il rosa è solo un colore” il nuovo romanzo di Claudio Volpe
di Cora Craus –
“Quando hai sedici anni, ami il rosa e sei un ragazzo a cui piacciono i ragazzi, la vita può essere davvero complicata. Per andare avanti bisogna avere molto coraggio, anche se non è per niente facile. Nicola però sa che deve riuscirci…” Dalla quarta di copertina del romanzo “Il rosa è solo un colore” di Claudio Volpe (ed. Einaudi Ragazzi – pag. 144 – € 13,90)
La bella, libera e modulata scrittura di Claudio Volpe nel romanzo “Il rosa è solo un colore” stempera la durezza e la drammaticità del racconto e aggiunge una narrazione “briosa”: un romanzo estroso, piacevole nella forma e solido nella struttura. La storia è aspra, a tratti spietata, nella denuncia sociale e nel mettere in rilievo i pregiudizi che avvolgono e soffocano tante esistenze portandole a gesti estremi.
Un libro che offre molti spunti di riflessione, tante sfaccettatura quasi un caleidoscopio della sofferenza che viene inflitta ai gay, all’omosessualità maschile e, forse ancor di più, a quella femminile. Ciascun personaggio è maschera e volto di sentimenti, di condizionamento culturale e di limitati o, al contrario, infiniti orizzonti dove il limpido rosa dell’aurora si alterna e sfuma nel limpido azzurro del cielo, in un circolo senza steccati e sopraffazioni: il contrario della cultura e del mondo patriarcale che continua a perpetrarsi anche ai nostri giorni. L’io narrante è Nicola, un liceale sedicenne che ama la poesia e parole. Nicola è gay. “Essere gay vuol dire non avere conforto. L’omofobia è peggio del razzismo. Almeno un ragazzo straniero una volta tornato a casa può trovare accoglienza e solidarietà in famiglia, riconoscersi in qualcuno e in qualcosa. Io invece non ho modelli né fuori né dentro casa.”
“Il rosa è solo un colore” è un libro di disvelamento, di lotta e di dolore ma fresco e pieno di aspettative come lo è solo la stagione dell’adolescenza. È un romanzo che trascina e riflette la luce dell’ottimismo e della fiducia.
Abbiamo apprezzato le fragili persone che abitano il romanzo, persone in cerca della loro identità, ragazzi e ragazze che dietro la craquelure della superficie sono solide e novelle querce. Abbiamo provato un’umana pietà e faticosa comprensione per quei baldanzosi duri, illusoriamente macho ma concretamente bulli: fragilissimi e perdenti, sconfitti nell’animo.
Ringraziamo l’autore per la decisa delicatezza con cui tratteggia le figure femminili: problematiche e coraggiose compagne di lotta e di viaggio, anche loro in cerca di identità, del loro posto nel mondo. Giovani donne che provano a spezzare le catene che da millenni le tengono prigioniere, a rivendicare il loro diritto a vivere l’amore qualunque esso sia e a disegnare liberamente la loro vita. Il diritto all’autodeterminazione: “…se resta incinta non può decidere di se stessa e abortire perché commette peccato verso Dio e verso il padre del bambino, salvo il caso in cui non sia il padre stesso a volere che abortisca, perché in quel caso la donna non deve intestardirsi a portare avanti la gravidanza”.
Abbiamo letto e riletto le pagine di “Tema”, dedicate a Marielle Franco, la “Cria da Marè”, la figlia della marea. Una donna che “ha affrontato il suo destino, come Ettore, come un eroe della mitologia greca, si è sottratta alla vergogna di una vita connivente col male”.