Io non sono mio padre
di Laura Fasciani –
“Sono figlio di un terrorista, ecco perché ho scelto la pace”
“Sono nato a Pittsburgh in Pannsylvania nel 1983, mio padre era un ingegnere egiziano e mia madre una dolcissima insegnante di scuola elementare, a volte capita di chiedersi quale fosse il nostro primo ricordo d’infanzia, il mio risale all’età di sette anni: una sera mio padre mi disse che il mattino seguente sarei dovuto andare con lui (non sapevo dove) perché era giunto il momento che mi trasmettesse quello che lui stesso definì un grande insegnamento…”
Sono le parole di Zak, un ragazzo americano che racconta la sua storia in una trasmissione televisiva, lo sguardo fiero, le parole cariche di sicurezza che scorrono lente, come se volesse che tutti ne cogliessero i dettagli, come a dire tra le righe: “ascoltatemi bene!“
“…la mattina seguente arrivammo al poligono di tiro che solo dopo scoprimmo essere sotto il controllo dell’FBI; quando fu il mio turno di sparare mio padre mi aiutò a tenere il fucile sulla spalla e mi insegnò come impugnarlo correttamente e come mirare il bersaglio lontano. Quel giorno, l’ultima pallottola che partì dal mio fucile colpì la luce arancione che si trovava in cima al manichino e lo stesso prese fuoco… mio zio si girò verso gli altri uomini che erano con noi e disse in arabo – ibn abuh- , tale padre, tale figlio. Tutti sembravano molto divertiti da quel commento ma solo qualche anno dopo compresi cosa li divertiva realmente…”
Le persone che Zak chiamava zii erano le stesse che insieme a suo padre nel 1993 posizionarono 700kg di esplosivo nel Word Trade Center causando la morte di sei persone; quel giorno, al poligono di tiro, furono conquistati dall’incendio provocato dal giovane ragazzo, vedevano in lui lo stesso “ammirabile talento” del padre.
Oggi Zak racconta che all’età di 19 anni si era già trasferito 20 volte nella sua vita, per questo motivo gli fu preclusa la possibilità di costruire dei rapporti stabili, trovare qualcuno di cui fidarsi, conoscere modelli diversi da quelli che viveva nella sua famiglia. Passava la sua vita a leggere, guardare la tv, svolgere qualsiasi tipo di attività ma in completa solitudine, questo lo portò ad essere spesso vittima dei coetanei che lo deridevano e, nonostante lui cercasse in ogni modo di nascondere le sue origini, ai loro occhi questo non bastava, era piuttosto sufficiente la sua immagine, forse troppo goffa e insicura, per garantirgli ogni sorta di scherno.
Il mondo, che gli sembrava così intollerante, non faceva altro che avvalorare le ideologie del padre che desiderava tanto poter mettere in discussione.
“Sono stato educato a giudicare le persone basandomi essenzialmente su valori arbitrari quali la religione o la razza d’appartenenza, concentravo le mie energie ad odiare le persone che mi circondavano, che mi deridevano o che nemmeno conoscevo ma mi fidavo di mio padre e mi bastava il suo parere, era mio padre!”
Se dovessi pensare all’educazione che i miei genitori mi hanno impartito non potrei che esserne orgogliosa, inconsciamente hanno influenzato e influenzeanno per sempre il mio modo di agire, di pensare, di reputare… senza che nemmeno ce ne accorgessimo un giorno siamo diventati noi, frutto di un’osservazione attenta, degli esempi che ammiravamo ogni giorno, anche dal passeggino, anche di quando non ne abbiamo nessun ricordo, eppure i bambini sono osservatori ligi e come delle spugne tutto assorbono! E forse nessuno si sognerebbe mai di mettere in discussione tutto questo, perché tutto questo ce lo hanno insegnato coloro che ci hanno messo al mondo e, agli occhi di quel bambino che a loro si affida, beh, mamma e papà sono perfetti!
“Cosa mi ha aperto gli occhi?” –dice Zak- “all’età di 24 anni partecipai ad un convegno, seduto accanto a me c’era un ragazzo con il quale parlai per tutta la durata dell’evento, diventammo amici, il mio primo amico, e solo successivamente scoprii che era Ebreo, ci vollero molti giorni prima che quel dettaglio venisse alla luce, e in quel momento mi resi conto che non c’era nessuna naturale ostilità tra noi due. Per la prima volta ho creduto veramente di poter superare quella barriera che mi era stata sempre posta come insormontabile. Un altro punto di svolta arrivò quando, durante un lavoro estivo, conobbi due ragazzi omosessuali, inizialmente li evitai perché per tutta la mia vita mi era stato insegnato di scansarli, ma dovetti poi lavorare al loro fianco e scoprii ogni giorno che erano tra le persone più buon e sensibili che avessi mai conosciuto fino ad allora!”
Zak ha avuto il coraggio di mettere in discussione tutto ciò che gli era stato insegnato, oggi parla contro suo padre che non riconosce più come tale, oggi dice a chi come lui è costretto a crescere in un clima d’odio che si può cambiare, che si può mettere tutto in discussione e che la vita ci può sorprendere, ci insegna che possiamo riconoscere i “buoni” e distinguerli dai “cattivi” anche se quei “cattivi” sono le uniche persone di cui ti fidavi.
“La violenza non è intrinseca nella religione o nella razza, il figlio non è tenuto a seguire le orme del padre. Io non sono mio padre.”