“Je suis Erri”. L’opinione
di Francesco Gagliardi –
Certo fortunatamente “non c’è scappato il morto” come a Parigi durante l’attacco terroristico dello scorso 7 gennaio, ma quello che si sta verificando in Italia avrà la stessa importanza ideologica, se non mediatica. La polemica di questi giorni che ha visto lo scrittore napoletano Erri De Luca, rinviato a giudizio per il reato di istigazione a delinquere, per aver espresso pubblicamente, a parole, il suo pensiero riguardo lo smantellamento TAV nel territorio di Val di Susa nel piemontese. Queste le sue parole incriminate e rilasciate in un paio di interviste: “La Tav va sabotata. Ecco perché servono le cesoie: sono utili a tagliare le reti”. Adesso rischia da 1 a 5 anni di carcere.
Partiamo con ordine, cercherò di entrare il meno possibile nella questione che riguarda la costruzione di nuove infrastrutture, a spasso con i tempi ultramoderni, le quali permetterebbero il rapido raggiungimento delle principali città europee (nella fattispecie Torino-Lione), mentre dall’altra (lo sanno i più vicini e solidali cittadini No-Tav di Aprilia, coinvolti nella vicenda della Turbogas) il disfacimento di un bene comune, la madre terra, segnato per sempre da un impatto ambientale inquinante a danno della salute umana.
Il punto in questione è: bisogna per forza morire (pace all’anima dei vignettisti francesi) Fio finire alla sbarra per manifestare le proprie idee, espressioni e opinioni? Fino a che punto l’articolo 21 della Costituzione stabilisce il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni mezzo di comunicazione, senza intaccare la personalità di qualcuno, come non è successo in questo caso?
La sua adesione iniziò in una notte del dicembre 2005, quando un accampamento nei pressi dei lavori venne completamente distrutto e vennero feriti gli stessi accampati. Una comunità intera dagli anni ’90 si batte affinchè non venisse realizzato questo tunnel, “uno stupro del territorio” che va a perforare rocce amiantifere, materiale pericoloso e tossico. Mosso dalla coscienza di un qualcosa che deve essere fermato, decide così di prenderne parte reputando dannosa, quanto inutile quest’opera. Il 5 giugno 2014 viene chiamato a Torino a rispondere dell’accusa. Il suo commento ironico alla notifica del provvedimento giudiziario:<<Da scrittore, essere denunciato per aver espresso pubblicamente le mie convinzioni, rappresenta un riconoscimento, una sorta di premio letterario>>.
Lo scrittore subito dopo il rinvio, digita sui social:<<Mi metteranno sul banco degli imputati e ci saprò stare. Vogliono censurare penalmente la libertà di parola. Processarne uno per scoraggiarne cento: questa tecnica che si applica a me vuole ammutolire. È un silenziatore e va disarmato>>.
Su La Repubblica ci tiene a precisare:<<Non ho mai fatto l’esaltazione del sabotaggio. Ho semplicemente detto che quell’opera in Val di Susa va sabotata per diverse ragioni che tutti conoscono bene…>>. Durante il processo dello scorso 28 gennaio fuori il Tribunale viene distribuito “La parola contraria“, una raccolta di tutto questo materiale, mentre in aula sventolano cartelloni “Je suis Errì“.
Sarà una lunghissima lotta fino all’ultimo atto giudiziario, ma quello che non riesco a mandare giù è il fatto che ancora oggi, dopo venti anni, i governi locali e nazionali non siano da un lato riusciti a trovare un accordo con i propri cittadini, riducendosi col processare un cittadino italiano per un reato di istigazione a delinquere, sabotando così l’uso della parola.
Viva la libertà di pensiero, sempre.
#iostoconerri