Patrizio e la gravidanza, e poi il parto: niente panico ce la posso fare!
“Diventare padre è un percorso molto più lungo della gestazione femminile, e molte volte non si arriva a capire di esserlo prima dei 18 anni del proprio figlio”.
di Patrizio Cossa –
Torno a casa, quattro piani a piedi senza ascensore.
Mi manca il fiato.
Apro la porta e la trovo sul divano, con in mano un termometro.
“Guarda” mi fa lei.
Prendo il termometro e scopro che non è un termometro.
“Cosa dovrei guardare?” “Ci sono due linee?”
“Si.”
“E allora sono incinta”
Mi manca il fiato.
“Ma sei sicura? Questi cosi non sono attendibili al 100%”
Si gira e mi indica un angolo della casa, dove ci sono a terra almeno 10 scatole e altrettanti termometri che in realtà non sono termometri.
10 test. 20 linee. Tutte uguali, tutte dritte, tutte che indicano me.
“Sono incinta”.
Svengo.
Diventare padre è un percorso molto più lungo della gestazione femminile, e molte volte non si arriva a capire di esserlo prima dei 18 anni del proprio figlio.
Anche perchè mentre la mamma ha 9 mesi per sentire dentro di se un corpo che prende vita e che si muove e che mangia grazie a lei e che ha il singhiozzo, noi vediamo semplicemente la nostra compagna ingrassare a vista d’occhio, dormire senza sosta, mangiare, innervosirsi, piangere, ridere… il tutto contemporaneamente.
La gravidanza per il padre si può dividere in tre fasi:
Il primo trimestre c’è lo studio matto e disperatissimo: lettura di ogni libro sulla puericultura, sulla gravidanza e sulle cure omeopatiche per la mamma e il futuro pargolo.
Il secondo trimestre c’è la cura verso la mamma:
Lei diventa una pianta, tutt’uno col divano. Ogni riferimento alla donna che vi ha accompagnato fino a quel momento sparisce in un buco spazio-temporale, senza apparente possibilità di ritorno.
Il terzo e ultimo trimestre c’è l’organizzazione:
Casa viene stravolta, tutte le cose del papà non sono strettamente necessarie, quindi si fa posto alle cose del bambino buttando il resto. Si comprano mobili, si buttano mobili, si spostano mobili.
Ikea diventa una seconda casa.
Finchè non vai in ospedale e la vedi.
Elimina l’idea del: “mi sono innamorato appena l’ho vista.” – “Ho capito subito che era mia figlia.” – “E’ identica a me.”
Sono tutte frasi che si usano nei film, come: “Segua quell’auto” o “Ci sono i federali alla porta”.
La realtà è ben diversa.
Ti portano un fagotto, che ti guarda ma non vede praticamente niente. Tutti a dire che è identica a te o alla tua signora, mentre tu non riesci minimamente a vedere una somiglianza neanche con un lontano parente.
Sai che se ti avessero portato un’altra bambina non sarebbe cambiato molto per te.
Poi apre gli occhi e te li pianta addosso.
E fine dei giochi! Grazie per aver partecipato, papà.
Da quel momento sei fregato.
Ogni giorno scopri un mondo nuovo, fa cose nuove, scopre pezzi di se e del mondo e tutto diventa una conquista.
La prima risata, il primo pianto senza freni, la prima cacca, la prima poppata, il primo verso, la prima volta che ti riconosce.
Ma questa è un’altra storia…
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