Oriana Fallaci, Intervista con la storia
di Cora Craus –
“Intervista con la storia” di Oriana Fallaci (ed. BUR pag. 653) racchiude ventisei ritratti d’uomini e donne che hanno rappresentato e veramente “costruito la storia”: Golda Meir, Indira Ghandi, Ailè Selassiè, William Colby, Alvaro Cunhal, Helder Camara, il “Vescovo Rosso”, l’ammiratore di Che Guevara che definiva il “genio della guerriglia”.
Il Che, l’utopista, che morì in Bolivia “perché non poteva essere aiutato da coloro per cui lottava”, un paese, nel ’60, la cui popolazione era “una massa che vive al di sotto del livello umano: senza speranza né coscienza per rivoltarsi”. Il vescovo rosso, titolo attribuitogli da Paolo VI, che a Recife nell’agosto del ’70 dichiarava: “non esiste una sola religione, ormai, che abbia molta possibilità, la pace può essere raggiunta solo grazie a coloro che papa Giovanni XXIII chiamava gli uomini di buona volontà”.
Abbiamo letto e riletto molte volte l’intervista dell’Arcivescovo Helder Camara perché è un uomo che ci ha affascinato per il suo coraggio, per il suo essere contro, scomodo quando avrebbe potuto godersi i suoi privilegi: servito da camerieri ossequiosi, abitare in luoghi sontuosi amari contraltari delle disperate favelas.
Ma raffiche di mitra e bombe a mano, in quei turbolenti anni sessanta/ settanta, non impaurirono certo l’Arcivescovo Helder Camara il “bispo rosso” il vescovo rivoluzionario: “La Chiesa vuole che mi occupi della liberazione dell’anima: ma come fo a liberare un’anima se non libero il corpo che contiene quell’anima? Io in cielo ci voglio mandare uomini, non cagnolini. Tanto meno cagnolini con lo stomaco vuoto e i testicolo schiacciati”.
Abbiamo scelto “Intervista con la storia” per ricordare Oriana Fallaci che in questi giorni di attentati, o meglio, ogni volta che nel mondo occidentale si parla o si verificano attentati terroristici dell’Isis ma anche quando l’argomento è drammatico ma meno tragico, quale l’immigrazione viene elevata, suo malgrado, ad oracolo, a Cassandra.
“Intervista con la storia” è il suo libro meno polemico, il meno citato in questi giorni dove al dolore, alla rabbia, alla pietà per i morti, per le vittime Europee fa da contrappunto una parola orribile e temo non pienamente compresa “guerra”. Guerra per un manipolo di terroristi, di invasati, di criminali senza passato e senza futuro? Ma poi davvero la guerra è per loro e contro di loro?
Abbiamo scelto di condividere con voi lettori questo particolare libro perché in esso riecheggiano le voci di mille pensieri, spesso, opposti tra loro. E, pur non condividendo tutte le sue idee, a volte estreme, è una donna che ha fatto capire che lottare sempre e comunque contro chi ti opprime è un dovere, e che mai nessuna dittatura può distruggere il seme della libertà, e facciamo nostre le parole dell’ex Presidente della Repubblica Giorgio Napoletano: “con Oriana Fallaci scompare una giornalista di fama mondiale, appassionata protagonista di vivaci battaglie culturali”.
Nel libro spiccano tra gli altri l’innato autocontrollo di Giorgio Amendola, l’arguzia di Giulio Andreotti, la disponibilità al dialogo di Pietro Nenni, il precursore di quello che avrebbe dovuto essere il futuro partito democratico, l’uomo che restituì il “premio Stalin per la pace”, il marxista che citava Renan: “senza la presenza del dubbio, perdiamo l’esatta valutazione dei fatti e delle cose; la mania della certezza è l’anticamera del fanatismo”; ma anche l’uomo che dichiara: “quando mi volto indietro e penso agli ideali della mia giovinezza, ai prezzi pagati, non ho rimpianti. Perché ritengo di aver fatto semplicemente quel che dovevo fare, e perché vale la pena battersi per una umanità più giusta.
Chiudiamo il “pezzo”, l’articolo con il brano di una poesia di Alexandros Panagulis, il giovane eroe della resistenza greca contro l’oppressione militare dei colonnelli, quella dittatura che fu definita, a torto o a ragione, come “il primo putsch militare di successo della CIA in Europa”.
Alexandros Panagulis, Alekos, fu anche l’amore, il compagno di una “vita”, ed è il personaggio che chiude il libro “Intervista con la storia” di Oriana Fallaci.
“Un fiammifero per penna/sangue gocciolato in terra per inchiostro/l’involto di una di una garza dimenticata per foglio/Ma cosa scrivo? /forse ho solo il tempo per il mio indirizzo/Strano, l’inchiostro s’è coagulato/Vi scrivo da un carcere/in Grecia”.