Piermario De Dominicis per Ed, il suo racconto del racconto. Come solo lui sa fare
Un dono al nostro Magazine, un racconto di un racconto. Le parole di Piermario De Dominicis che descrivono, come solo lui sa fare, un romanzo francese di Irène Némirovsky, David Golder, pubblicato nel 1929.
Ed eccolo:
Una sera del 1929, la sera nella quale, come si racconta, Bernard Grasset, editore parigino, ebbe una crisi d’insonnia, segnò l’inizio di un’avventura letteraria ed umana che pur nella sua particolarità può essere presa come lo specchio delle vicende che l’Europa principalmente, ma anche il resto del mondo, ebbero a vivere negli anni tremendi del secondo conflitto mondiale. Sembra che l’uomo, capo dell’importante casa editrice da lui stesso fondata, per una curiosa dimenticanza restasse quella sera a corto di letture. Non è chiaro se questa situazione sia la premessa di un racconto già incrostato di leggenda o se davvero Grasset si sia trovato ad affrontare la notte senza l’abituale conforto di una lettura. Sta di fatto però che incapace di rinunciare al rito che quotidianamente lo accompagnava verso il sonno e spinto dall’impellenza di porre rimedio a quel vuoto imprevisto, a tarda ora l’editore fece qualcosa di assai insolito per lui: mise mano al mucchio di manoscritti che pervenivano abbondanti all’indirizzo della sua casa editrice. Leggere quelle che nella quasi totalità dei casi erano mere testimonianze delle infondate ambizioni letterarie di tanti sconosciuti, era spettanza dei suoi collaboratori che per lo più, anzi quasi immancabilmente, cestinavano quei mucchi di pagine mal scritte o insulse, spedendo poi le lettere con le consuete formule di diniego. Così, del tutto a caso, in cima a tutti i manoscritti raccolse quello che sembrava un romanzo, ” David Golder ” era il titolo. Si coricò portandosi appresso l’opera, con l’intenzione di scorrere giusto qualche pagina prima di addormentarsi, dubbioso sulla qualità del contenuto come a volte lo si è sull’efficacia di una medicina che ci è stata prescritta. In realtà smise di leggere solo quando l’alba della nuova giornata inondò la stanza da letto con la sua prima luce. La storia che lo aveva tenuto sveglio per tutta la notte raccontava le ultime imprese del vecchio David Golder, un implacabile affarista. Alle spalle del protagonista, una carriera lastricata da straordinari successi finanziari, ciascuno dei quali, puntualmente, aveva lasciato sul terreno qualche vittima. E tante se ne erano accumulate negli anni, ma mai il ricordo di tutta la gente rovinata dalla sua ferrea determinazione e dal suo cinismo veniva a visitarne la coscienza, ad intaccare la sua freddezza di animo. Golder nel romanzo veniva tuttavia descritto già in età avanzata, quando la stanchezza che negli ultimi anni aveva cominciato ad intaccarne l’energie fisiche si era fatta molto più greve, prendendo a fiaccare anche quelle morali e psicologiche. Quella crescente fatica, quell’oppressione, lo avevano ormai convinto a ritirarsi dagli affari, a riposarsi finalmente, A quel punto però, l’unica debolezza di quell’uomo terribile, la fenditura nella roccia, ovvero l’affetto per l’unica figlia, avvezza a vivere, insieme con la madre, un’esistenza fatua e mondana, lo induceva a rimandare quel proposito ed a gettarsi per l’ultima volta in una ardua impresa finanziaria. Grasset rimase affascinato dallo stile del romanzo, tanto elegante quanto capace di formidabile forza e incisività. Il protagonista, Golder, era quasi scolpito nella pietra tanto il suo personaggio, pagina dopo pagina, acquistava in potenza e andava a contrastare fortemente con la leggerezza, il lusso e l’assenza di affanni che connotavano invece la vita delle sue due donne, moglie e figlia, e quella della corte di scrocconi, di finti intellettuali che ruotavano intorno ad esse. L’eccezionalità della notte appena passata convinse l’editore che quel libro andava assolutamente pubblicato, ma, sbalordendo, si accorse che il manoscritto, firmato da una tale Madame Epstein, non portava alcun recapito al quale spedire una risposta. A quel punto decise di pubblicare un annuncio sui maggiori quotidiani parigini col quale si pregava l’autrice di mettersi in contatto urgentemente con la casa editrice. Per tre lunghi mesi non ebbe alcuna risposta. Poi una mattina gli venne annunciata la visita di una donna. Rimase sbalordito quando questa signora giovane, elegante e cordiale, si rivelò essere la scrittrice tanto cercata. Mai avrebbe pensato che quella ragazza dall’aria così spensierata avesse potuto scrivere un’opera di quella forza. Era Irma Irina Nemirovsky, Irene come aveva scelto di chiamarsi, maritata Epstein, un’ebrea russa di famiglia molto facoltosa riparata in Francia dopo il 1918. Sorridendo, l’elegante signora gli disse che avrebbe voluto venire prima ma che era stata impegnata a fare una bimba. Iniziava così la parte più importante della carriera di una grande scrittrice, un percorso durante il quale la grandissima qualità della sua scrittura andò costantemente affinandosi procurandole grandi successi. La parabola straordinaria di Irene Nemirovsky terminò bruscamente ad Auschwitz undici anni dopo quella notte. Andò a concludersi nel luogo dove moriva ogni bellezza del mondo. Lei fece in tempo a mettere le sue due bambine al riparo presso degli amici non ebrei, ma quella delle figlie, per lei fondamentale, fu l’unica salvezza che la sua fama fu in grado di garantire.
La Libreria Editrice “Storie” di Piermario De Dominicis e Arrigo Di Bello, si trova a Latina, in Via Armellini.