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Shoah: Le donne di Ravenbrϋck.

di Cora Craus –

Un bell’articolo di Stefano Jesurum, parla della Shoah e del terribile filo d’Arianna che lo unisce ai nuovi indicibili, e, forse, troppo sottaciuti, stermini da parte dell’Isis e dei vari Califfati; il pensiero è per le stragi, per gli stermini che si stanno perpetrando di là dall’Occidente.

Lo “stile nazista” appare evidente in quelle foto, che sul web, hanno fatto il giro del mondo: ragazzini musulmani uccisi, a colpi di mitragliatrici da “musulmani”, perché amavano il calcio. O, quella di giovani uomini omosessuali buttati dai tetti e poi finiti a colpi di pietre.

Ma, queste sono solo piccole punte d’immani aisberg degli orrori, “di morte della ragione”.

Stefano Jesurum s’interroga, nel suo articolo, se il giorno della Memoria, il 27 gennaio, anziché dire “Mai più” non dovremmo tutti chiederci “Perché ancora?”.

Non può esserci una classifica degli orrori e pure…le donne, una volta di più sono chiamate a pagare il prezzo più alto: le centinaia di ragazze rapite e caricate sui camion da Boko Haram, sono immagini che ricalcano e si fondono con gli atroci vagoni piombati dei tedeschi: destinazione lager.

Ricordiamo, tra le tante donne umiliate, offese, uccise nei lager nazisti, la principessa Mafalda di Savoia – D’Assia, violentata dagli ufficiali dell’SS e morta nella capanna del postribolo tedesco del lager di Buchenwald, il 28 agosto del 44.

Toccanti testimonianze di donne sopravvissute alle torture nei lager di Ravenbrϋck, un lager solo femminile, le possiamo leggere nel libro di… “Le donne di Ravenbrϋck”. In tutto il mondo – scrive, Lucetta Scaraffia – le donne hanno conosciuto il massimo livello di coercizione e violenza. Un amaro esempio di tale realtà lo troviamo nel profilo biografico di Lidia Beccaria Rolfi, autrice de “Le donne di Ravensbruck, la prima opera in chiave femminile sulla deportazione nazista; esperienza che visse in prima persona.

Lidia Beccaria Rolfi, per trent’anni, con energia e tenacia, si dedicò a far conoscere cosa fosse stata la prigionia delle donne. Aveva, infatti, una sacrosanta, ripugnanza delle sadiche, morbose e perverse fantasie fiorite intorno al binomio SS/deportate: la realtà era stata ben più crudele e feroce.

Visse con l’intima convinzione che il compito, dei sopravvissuti, fosse testimoniare l’orrore dei Lager, lottare contro i crimini del presente e farsi portavoce di tutti gli oppressi, in primis dei meno ascoltati. E, non ci mise molto ad accorgersi che, anche, tra i suoi vecchi compagni di lotta, di deportazione si sapeva e si voleva sapere molto poco e di quella femminile proprio niente!

Chi era Lidia Beccaria Rolfi, la maestrina, “pronta a violare subito la nuova legge dell’Italia libera” perché tanto libera non gli sembrava?

Vogliamo chiudere con le parole di uno scrittore: Francis Scott Fitzgerald:

Si scrive di cicatrici guarite, un approssimativo parallelo con la patologia della pelle, ma non esiste nulla di simile nella vita di un individuo. […] I segni lasciati dal dolore si potrebbero meglio paragonare alla perdita della vista d’occhio”.

 

 

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Cora Craus

Cora Craus

Giornalista