Storia di un non amore, Matteo Palombo la racconta a ED
di Matteo Palombo –
Non la notai subito , ci volle un po’. Sarà stato il mio dannato egocentrismo, la vastità sconfinata dei pensieri che abitano la mente o forse , più semplicemente , non era il nostro tempo .
Quando m’accorsi della sua esistenza posso dire, senza timore d’esagerare , che ebbi chiara innanzi a me la nozione ed il senso profondo della Bellezza che, nella mia personalissima piramide dei valori, incontrastata occupa il vertice .
Viviamo questa vita noi uomini , a differenza degli altri viventi, continuamente domandandoci il senso del nostro vivere . Dall’età della fanciullezza, quando cominciai ad interrogarmi sulla questione del perché siamo in Vita, capii che il nucleo risiedeva tutto quanto nella conquista e conservazione della Bellezza : una Donna, un paesaggio, una musica, una poesia o un romanzo , una stoffa o un’essenza profumata .
A voler fare una analisi tecnico-scientifica non poteva dirsi bella : non era propriamente leggiadra, né tantomeno alta . Tuttavia, fu impossibile per la mia anima non incollarsi ai suoi occhi, occhi grandi, meravigliosi occhi color del cielo quando fuori è primavera . Emanava una atmosfera dove l’eleganza ed il fascino dei movimenti sottolineavano la sua intelligenza, il suo essere Donna .
Aveva un talento naturale nel vestirsi, nello scegliere con fantasia ed un pizzico di vanità come abbellire il suo corpo . Cominciammo, sovente, a guardarci e a sorriderci, vicendevolmente. Senza darlo a vedere mentre facevamo le nostre cose, a pochi metri di distanza l’uno dall’altra, ci rincorrevamo negli sguardi e nei sorrisi. Imparai presto a leggerle l’anima, ad andare oltre quell’armonia apparente. Capii che avevo di fronte una Donna stanca della sua Vita così com’era, assai lontana da come l’avrebbe immaginata e voluta. Una Donna le cui insicurezze stavano, lentamente, prendendo il sopravvento: la quarantina era passata e Lei si sentiva vecchia, non bella, non all’altezza, insoddisfatta .
Avrebbe voluto viaggiare, vivere, ridere. Amare, nuovamente. Però… una montagna di però, d’esitazioni le riempivano la mente : i figli, il marito, il resto del mondo che non avrebbe compreso .
Ebbi coscienza d’amarla quando una sera d’estate , una sera fresca e chiara come soltanto le acque di Petrarca, la vidi andare via in sella ad una bicicletta ed uno zainetto sulle spalle. C’erano stelle luminose a riempire il cielo e la vidi allontanarsi come una bimba che volesse dare la caccia a quelle stelle , le volesse sue. Ogni cosa mi sembrò come diversa: i lampioni, la strada, la gente del bar.
Avrei voluto rincorrerla, avrei voluto fermarla, avrei voluto montare in sella alla sua bicicletta ed andare via con Lei, là dove non c’avrebbe visto nessuno. Soltanto lei ed io .
Avrei, il condizionale è il modo della possibilità e quel mio desiderio era impossibile .
Vent’anni a separare le nostre vite , le nostre esistenze , quindi, così diverse! Eppure l’avrei presa per mano e lei avrebbe scoperto che la Vita non finisce a quarant’anni. Avrebbe capito d’essere viva, intelligente, bella d’una Bellezza soltanto sua, ineguagliabile, impossibile da imitare. Avrebbe fatto della sua Vita ciò che voleva, l’avrebbe trascinata in salvo .
Ed ora?
Ora la sua voglia di Vivere continua a scontrarsi con mille tentennamenti, infinite indecisioni .
Ed io?
Io spero di leggerle presto negli occhi una scintilla, una luce nuova e diversa, una voglia di ricominciare. Se per farlo dovesse scegliere altri mondi, altre parole, ed altri uomini sarei felice lo stesso.
Perché l’Amore non ha a che fare con l’egoismo, l’Amore è libertà di lasciar andare . Navigare nel mare aperto della Vita .
(nella foto: Matteo Palombo)