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“Un pozzo di Abati e di principi” il nuovo divertissement letterario di Mauro Cascio

di Cora Craus –

In tutte le librerie dal prossimo 13, giugno. “Un pozzo di abati e di principi” (ed. Punto luce – pag. 114 – € 12) di Mauro Cascio. Un romanzo esoterico? un romanzo filosofico? Un flusso di parole simboliche? Molti di noi conoscono Mauro Cascio e la sua produzione di saggi di filosofia, curatela e traduzione di importanti opere filosofiche, è uno dei più affermati studiosi di Hegel e a questo aggiunge il guizzo, il divertissement di racconti e romanzi brevi dove la filosofia si prende la libertà di scherzare su se stessa, di essere la convitata di pietra di ogni nuova “storiella” dell’autore. Questo romanzo breve è forse il più ermetico, o esoterico o strambo, per noi, tra quelli che abbiamo letti del filosofo pontino di adozione; Cascio è un siciliano e la Sicilia è decisamente presente in questo libro. “Guarda che bella via Etna, immaginala ancora più bella con l’Etna, laggiù con la neve di sopra. La cattedrale di Sant’Agata sulla destra. [.] Me ne vado per via Etnea perché c’è più vita, non ci sono i cinesi e mi sembra ci sia meno povertà, ecco. Verso i Giardini, il Teatro Bellini. Via Vittorio Emanuele II…”

 Abbiamo abitato le pagine del libro sentendoci in un romanzo di viaggio, un viaggio periglioso non fatto di reportage di luoghi ma di “stanze” dell’anima piene di agguati e di nemici: noi stessi. Un affannosa ricerca di senso della vita da parte del protagonista camuffata qua e là da ironia.

 Abbiamo letto un piccolo numero dei saggi di Mauro Cascio in compenso, crediamo, di aver letto tutti i suoi divertissement letterari, questo ultimo lavoro ci ha “costretto” a lasciare la superficie della scrittura, della narrazione e cercare l’eco profondo di un antico sentire, di un’antica sapienza, ovviamente, non possiamo dichiarare di esserci riusciti. E poi il dubbio, che tale è rimasto, un fedele compagno, che non ci ha mai abbandonato lungo le 114 pagine. Un eco che ha rimbombato con un incessante e personalissimo interrogativo: è il mio eco di lettrice o sono riuscita a cogliere in maniera obiettiva una particella infinitesimale del sentire dell’autore? “In questo disperato camminare, avevo bisogno di non sentirmi solo. Avere qualcuno con te vuol dire che non stai facendo un viaggio della disperazione, che hai davvero un obiettivo”

E, anche il termine ermetico, da noi arbitrariamente scelto, per questo romanzo, richiede un distinguo: l’ermetismo di “Un pozzo di abati e di principi” richiama alla mente una particolare descrizione, trovata in Storia della letteratura della Garzanti: “gli scritti composti in Egitto da dotti di lingua greca in tarda età ellenistica, scritti a contenuto simbolico, filosofico, religioso di tradizione neoplatonica”.  “In questa assenza di tempo cerco un futuro. In questa assenza di spazio cerco la mia direzione. Quando hai paura di perdere la vita capisci tante cose, non è la febbre, è la paura. E io ho capito che sono morto già se non mi do una definizione, un compimento. Cerco quel pozzo…”

Per offrirvi una “semplice” sintesi di questo libro ricorrerò alla definizione di romanzo fatta da G. Lukàcs, filosofo e critico letterario fortemente influenzato da Hegel, riportato dall’ Enciclopedia della letteratura italiana: “Il romanzo è la forma narrativa che ha la percezione immediata della totalità, [.] il romanzo ermetico ha sostituito la consapevolezza che quella percezione è ormai impossibile, irrecuperabile, come la nostalgia della totalità perduta”. Dimenticavo di aggiungere che spesso la narrazione popolata di strambi personaggi: architetti, ingegneri, ascensoristi che organizzano crociere su Marte, delusi dall’amore, nane che si perdono, preti che appaiono, Iniziati, tout court, allo scibile umano e al divino invitano al sorriso, amaro ma pur sempre un sorriso.

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Cora Craus

Cora Craus

Giornalista