Quella folle gelosia è proprio amore?
Quando Hitchcock è un principiante –
di Alga Madìa –
In amore tutto è concesso o quasi. Fino a quando non diventa malattia, probabilmente sì e la gelosia pare proprio che lo sia, quando questa supera i livelli di un normale fastidio, anche fisico, che si può provare vedendo o immaginando il proprio partner in atteggiamenti particolari con un’altra persona. C’è un confine terribilmente esile tra la “sana” gelosia, quella che fa piacere, che fa pensare, che se non ci fosse “non è amore”, quella che spesso si gioca a provocarla, e quella, ahiai per chi ne è destinatario, patologica, capace di distruggere anche il più bello e inattaccabile degli amori. Pensavamo in tanti che quella patologica fosse assai rara, ma pare proprio di no e quello che stupisce di più è che quel passaggio tra i due diversi tipi di gelosia, avvenga in maniera inattesa, senza dare il tempo di accorgersene e rappresenta una vera e propria escalation di quello che si chiama “sentimento” e invece, secondo gli studi di Marcianne Blévis, psichiatra e psicoanalista parigina, è una vera e propria malattia che affonda molto spesso le sue radici nell’infanzia, negli insani rapporti con la famiglia di origine.
Blévis, membro della Société de Psychanalyse Freudienne, nel suo manuale “Gelosia-La malattia del desiderio” analizza i casi clinici che le sono capitati sul suo lettino psicoanalitico e ne comprende una derivazione comune. Il bambino che ne soffrirà da adulto (la malattia colpisce sia uomini che donne, giovani e meno giovani), ha alla base rapporti affettivi di cui non è mai certo: caotici, sbilanciati, comunque instabili.
Compito delicato dello psicanalista è quindi di ricostruire “quell’infanzia amorosa”, di instabilità affettive per poter combattere una patologia vera e propria, quella gelosia che fa star male da morire principalmente chi ne è affetto, che acceca, che può rendere violenti e che nella maggior parte dei casi fa leggere una verità distorta, inesistente. Un’ossessione curabile quindi, che deve essere innanzitutto riconosciuta da chi la prova, da chi ne è affetto, senza scuse.
Noi abbiamo raccolto fra le email, che riceviamo quotidianamente alcune testimonianze e racconti che a questa patologia potrebbero ricondurre (salvo diverso parere medico) che sulle prime farebbero addirittura sorridere.
“Mi controllava gli scontrini nelle buste della spesa per vedere se l’orario che c’era stampato su, corrispondesse al tempo in cui io ero stata fuori”.
“Mi metteva al rovescio le mutandine senza che me ne accorgessi che se rientrando le avessi indossate normalmente, avrebbe significato che erano state tolte e rimesse, quindi tradimento sicuro!”.
“Apriva la porta del bagno di scatto per vedere se fossi al telefono con qualcuno o stessi inviando messaggi o toccava il cofano della macchina per controllare se fosse caldo o freddo e immediatamente dopo, senza che io lo avessi visto, mi chiedeva se fossi uscita. Ovviamente la risposta era determinante per la quiete dei successivi 10 giorni“.
“Il posto che sceglieva per me al ristorante era quello dove dietro lui c’era un muro, per evitare che io potessi guardare altri”, per non parlare del controllo, più o meno di nascosto, di cellulare, mail, corrispondenza e applicazioni varie. “Mi sono convinta alla fine che davvero Alfred Hitchcock non avrebbe saputo arrivare a tanto con la sua immaginazione“.
Forse questo può nascondere amore, sicuramente paura irrefrenabile di perderlo e folli metodi per cercare di trattenerlo a sé.
“Credo di essere una delle persone più gelose al mondo. La mia mano destra è gelosa se la sinistra dipinge un bel quadro”. Andy Warhol. Ecco, superati certi limiti chiediamo aiuto ad un bravo psicanalista, che indipendentemente da quelle che possono essere le cause scatenanti, sarà sicuramente prezioso per la “guarigione”.