Autori pontini. Mauro Cascio tra narrazione, filosofia e musica
Di Cora Craus –
“Davanti alla fine del Mondo. Appunti filosofici sotto forma di storie per non morire”, del pontino Mauro Cascio, è un caleidoscopio dove si trovano apparentemente alla rinfusa le parole: parole semplici e banali, ricercate e colte, preziose ed erudite.
Come i piccoli oggetti del caleidoscopio che rispecchiandosi danno vita a infinite, fantastiche, irreali immagini, le quali mutano a ogni lieve movimento, così le parole nel libro di Mauro Cascio sembrano cambiare di significato al fluttuare dello stato d’animo del lettore. Per contro appare nitido, fermo il filo d’Arianna che percorre tutto il volume: il convincimento dell’autore sul valore, sulla forza originaria, delle parole in quest’assordante bla bla del nulla.
“Davanti alla fine del Mondo. Appunti filosofici sotto forma di storie per non morire” (ed. Tiphret – pag. 132 – € 11,40) è un libro sicuramente di grande attualità in questo momento di pandemia da Covid-19; nelle sue pagine si celebra la metafora della morte: la morte del Logos dei greci, morte della parola “come” madre del pensiero, morte del Verbo. “Chi ce lo doveva mai dire che chi avrebbe scritto la nostra fine ci avrebbe colpito non nelle cose, ma nel “linguaggio”. Le parole semplicemente smetteranno di significato, tutto qui”.
Non sapremmo dire per quale libera associazione ci è sorta l’idea che Mauro Cascio, (laurea in Filosofia, giornalista, scrittore), abbia scritto il libro come altri guardano ipnotizzati al brillio del sole in uno specchio d’acqua e nel festevole avvicendarsi di luci, colori e, nell’illusorie figure cercano “messaggi” “risposte” a personali e silenziosi quesiti. “Oggi siamo qui e confessiamo la nostra resa e la nostra debolezza. Ma questa è una suprema eucarestia, senza ascolto né testimonianza.”
Nel cuore del libro, si muovono due protagonisti, personaggi senza nome: A e B così li ha “battezzati” l’autore. A fare da controcanto molti altri personaggi dai nomi fin troppo caratterizzanti: Fiasco, il Principe, l’Onorevole, Saponetta, Sputazzella, la Baronessa, Risiko, il Filosofo. Leggendo le loro storie si potrebbero, pirandellianamente, definire personaggi in cerca d’autore. Cascio, per ogni personaggio, con ironia a gò-gò e digressioni sull’allegro boccaccesco, costruisce un ritratto, una maschera da Commedia dell’Arte. Con magnanimità l’autore rende i suoi personaggi protagonisti unici e assoluti di una pagina del racconto, regala loro un attimo di celebrità per dirla con Andy Warhol. Con scherno e corrosiva derisione, le parole di Cascio, strappano un sorriso. Un ridere amaro. Un ritratto in nero di una società ogni giorno più sbrindellata e miserabile.
In questo divertissement Cascio recupera il lessico, basso, carnale dell’eros, lavoro che lo accomuna a insospettabili autori, amanti del poeticamente scurrile, quali Shakespeare, Molière e in casa nostra Ruzzante, Boccaccio passando per il premio Nobel Dario Fo.
L’autore, con la filosofia gioca a rimpiattino: il risultato è un narrare piacevolmente scherzoso e soffocantemente inquietante. Il libro è un’amara metafora, una recita a soggetto sul palcoscenico della vita. “Un palcoscenico – ricorda Cascio – spietato, dove non sono previste né prove né repliche”.
E, parlando di palcoscenico, come non ricordare che il libro ha ispirato la realizzazione di un concerto dall’omonimo titolo al musicista Roberto Kunstler. Il concerto si è svolto a Roma presso il teatro “Arciliuto” e, pandemia permettendo, è in programma un lungo tour che farà tappa anche a Latina.