“Bambini a metà – I figli della ‘ndrangheta”
di Cora Craus –
Una Calabria stanca, impoverita, ferita, violata nell’espressione più essenziale, più vitale del suo futuro: i bambini. È quello che nitidamente emerge nelle pagine de “Bambini a metà – I figli della ‘ndrangheta” di Angela Iantosca. (Ed. Giulio Perrone – pag. 238 – € 15). Una “penna” felice, un talento innato. Virtù che la giovane scrittrice latinense rivela nel ricostruire, nel raccontare realtà feroci, tanto più spietate e brutali perché l’incubatrice di tanta violenza e squallore è la famiglia. “Ci sono bambini a metà – scrive Angela Iantosca – Spezzati dalla stessa famiglia nella quale sono cresciuti. Ci sono bambini a metà che non possono amare. Che camminano a fatica, si trascinano. Ci sono bambini a metà che ascoltano i discorsi degli adulti: non li capiscono fino in fondo, ma li sentono naturali. Che non conoscono l’odore di un abbraccio”.Tutto ciò, in Calabria, viene vissuto e trasferito nei bambini come “normalità”.
Il libro, con puntigliosa precisione, riporta fatti, documenti, storie e costringe il lettore ad immergersi, a respirare la nuda verità. Angela Iantosca, si tiene lontano nel dipanarsi della sua narrazione da retorica e cinismo. Una nuova bella prova di scrittura e d’impegno dopo il successo de “Onora la madre. Storie di ‘Ndragheta al femminile”.
Una terra, la Calabria, dove anche dai bambini, i futuri cittadini, lo Stato è percepito e vissuto come il più grande nemico. Sono bambini che hanno conosciuto i propri padri, gli zii, a volte, i fratelli solo attraverso le grate di una prigione. “Ne sentono parlare e li sognano, come fossero gli eroi di antiche favole costretti a girovagare per salvare il mondo e difendere la famiglia dai nemici. [.] Ci sono bambini che sono figli di padri che uccideranno le loro madri”.
È pur vero che quando, troppo comunemente, in una terra lo Stato è il “nemico” per eccellenza da cui difendersi è uno Stato che ha abdicato al suo dovere. È uno Stato lontano, straniero e assente. Certo, in Calabria, in Sicilia, in Campania come in tutte le altre parti d’Italia ci sono gli eroi, quelli veri, che si sono battuti fino alla morte per riportare, far rinascere la legalità. Ma questi eroi sono anche la conferma più amara e tangibile di uno Stato sconfitto e di una politica trasversalmente corrotta. Una terra, la Calabria, dove un bambino si trova a condividere insospettabili parallelismi come si evince da una intervista a Mario Nasone, Presidente del centro comunitario Agape di Reggio Calabria, rilasciata alla stessa autrice. “Ho sempre pensato che patologie che ho visto in loro sono quelle che si evidenziano anche nei bambini-soldato”. Bambini- soldato, termine che ricorda orrori che noi siamo abituati a collegare solo a paesi lontani in perenne guerra dove le atrocità sembrano inestirpabili e dove cultura e legalità sono parole vuote. Paesi come Iraq, Yemen, Cambogia, Sud Sudan e tanti, troppi altri.
Nel libro, le interviste, le note a margine, le citazioni precise delle fonti trasmettono un’improrogabile necessità a partecipare, a contribuire alla “liberazione” di queste terre. Di queste anime. Ad ogni pagina, ad ogni storia l’autrice si chiede e fa chiedere al lettore cosa sia possibile fare. Ciascuno lettore troverà punti di riferimenti adatti al suo sentire e alla sua personale visione della società.
In “Bambini a metà – I figli della ‘ndrangheta” risuonano nomi di associazioni come “Libera”, nomi come Don Pino de Masi, Don Giacomo Panizzi, Mimma Cacciatore, Maria Rosaria Russo. E ricordando sempre che “Le parole insegnano, gli esempi trascinano, solo i fatti danno credibilità alle parole”.