Il Filo Nascosto, la co-dipendenza d’amore nella moda britannica anni ’50
di Marina Bassano –
L’acclamatissimo film di Paul Thomas Anderson Il filo nascosto, è una pellicola che lascia in realtà un po’ sconcertati e attoniti da cotante lusinghe, con ben 6 candidature all’attivo per i premi Oscar, vincitore per i migliori costumi.
Attori ineccepibili, con Daniel Day- Lewis in grande spolvero, fotografia e costumi di altissimo livello, sono i punti di forza del film, ma il messaggio che la storia veicola lascia quantomeno qualche dubbio. Due malattie preoccupanti messe insieme, compiacenti, e che invece di migliorarsi a vicenda si peggiorano in un’apparente soluzione che risulta solo nuocere a entrambi.
E’ la storia di Reynolds Woodcock – il gigante della moda britannica degli anni ’50, che vive la sua vita in modo che le distrazioni non interferiscano con lui e il suo lavoro, centro nevralgico del suo essere. Qualcosa cambia quando incontra Alma (Vicky Krieps), cameriera che lavora in un hotel, che diventa sua musa e sua moglie.
Stupisce che in un momento in cui si parla tanto di amori malati , si metta al centro il tema di una donna che non riesce a farsi amare se non nel momento in cui il suo amato perde il controllo di sé stesso, sentendosi male e avendo bisogno delle cure della donna quasi come un bambino.
E’ tutto un soffocare di sentimenti, un reprimere in segno del contegno e della routine, che sfocia in una lentezza spesso inutile e dannosa.
Le ossessioni dei due protagonisti si “risolvono” in un avvelenamento periodico a cui Reynolds si sottopone cosciente, ad opera di Alma, che per farlo regredire ad uno stato infantile, somministrandogli funghi velenosi che causano febbre e malori pesanti.
Non ci vediamo niente di elegante né di raffinato in questo squilibrio che porta avanti un rapporto insoddisfatto e ossessivo, che prevede il continuo passaggio dal dolore per un ritorno all’”amore” se così si può chiamare. Non si racconta un cambiamento, si racconta un tacito assenso a farsi andare bene cose che non vanno bene, in un gioco di potere che fa avere l’illusione del controllo, a entrambi alternativamente.
Il filo nascosto è quello di questo gioco, nascosto ma non troppo, taciuto ma consapevole, avvolgente tanto da imprigionare, come le parole ricamate all’interno degli abiti confezionati da Reynolds, che sugellano l’intreccio di due solitudini che rimangono tali.