Roma, Festa del Cinema, frizzante penultimo giorno
Di Chiara Trabolotti –
Siamo giunti con la nostra astronave del cinema al penultimo giorno di questa splendida avventura nei meandri della settima arte. Tra proiezioni di film in anteprima, retrospettive, incontri ravvicinati con le star e divi internazionali che hanno sfilato per il pubblico romano sul leggendario red carpet, oggi abbiamo assistito a eventi davvero molto interessanti
Presso l’Auditorium Sala Sinopoli è stato presentato l’ultimo film italiano nella selezione ufficiale: “Alaska” del padovano Claudio Cupellini. Una storia d’amore non convenzionale interpretata magistralmente dal talentuoso Elio Germano e Astrid Berges-Frisbey, attrice e modella spagnola. Il regista che ha realizzato l’anno scorso con Stefano Sollima e Francesca Comencini la serie “Gomorra”, è particolarmente felice e indaffarato in questo periodo, complice anche la nascita del suo primo figlio Paolo.
“Alaska” sembra un film molto diverso da “Una vita tranquilla”. Come è nata la storia?
“L’idea mi ronzava nella testa da un po. Ho sentito la necessità di spostare il baricentro del mio racconto da un cuore decisamente “noir”, a un cotè più sentimentale. Ne è nato un film che ha le sue durezze, ma riesce a essere anche potentemente romantico: una riflessione sul desiderio rapace di ottenere tutto dalla vita e sulla purezza dell’amore, che i protagonisti senza radici e con nulla in tasca, vivono in modo amplificato. Si parte da Parigi e si arriva a Milano”
Cupellini ha scritto la sceneggiatura pensando per il ruolo da protagonista proprio a Elio Germano. Sin dall’inizio ha costruito il film sulla sua recitazione viscerale. Grande lavoro per il giovane attore che ha dovuto imparare il francese in soli 3 mesi!
Tra gli incontri ravvicinati ospite d’onore è stato Riccardo Muti, che ha intrattenuto il pubblico con una disquisizione sul tema cinema-musica, immagini e note. La carriera di un grande compositore in una cornice suggestiva come la Sala Petrassi.
Poi è stata la volta del regista di “Twister”, “Hamlet” e “Nadja”: Micheal Almereyda con “Experimenter”. La pellicola fa un salto nel 1961 quando lo psicologo Milgram conduce una serie di controversi esperimenti comportamentali all’Università di Yale su gente comune per capire il condizionamento umano difronte all’autorità. Un film assolutamente da vedere che scava nei labirinti cerebrali e lascia lo spettatore incollato per 90 minuti.
Dagli Stati Uniti alla Corea del Nord, un salto spaziale e ci troviamo nel film di Alvaro Longoria, “The propaganda game”. Il film realizza una profonda riflessione sulla propaganda proiettando gli spettatori in una nazione sinistramente reclusa e sconosciuta, appunto la Corea, dai confini più militarizzati del mondo.
Scrosciati infine gli applausi per il genovese più popolare del cinema italiano grottesco, Paolo Villaggio. La Festa del Cinema di Roma ha voluto ricordare i 40 anni del film “Fantozzi”di Luciano Salce, in versione restaurata presso la Sala Petrassi. Nel 1975 appariva infatti per la prima volta sullo schermo il ragionier Ugo Fantozzi. Lo scrittore e attore si è concesso con grande disponibilità ai giornalisti
La comicità di Fantozzi ha eredi nel nostro cinema?
“No. Fantozzi parlava italiano. Oggi i comici si appoggiano tutti al dialetto, il che rende le cose molto più facili”
Segue la politica, legge i giornali?
“No. I giornali sono illeggibili, gli articoli di fondo sono puro sanscrito. Quando vedo il nome di Scalfari poi scappo.”
A 40 anni di distanza le espressioni fantozziane sono ancora nel linguaggio comune. Il megadirettore galattico, la poltrona in pelle umana ecc…come se lo spiega?
“Con il fatto che siamo tutti Fantozzi. La mediocrità e la non riuscita nella vita riguarda il 90 per cento degli italiani. Fantozzi ci spiega che non per questo siamo spregevoli, che non per questo dobbiamo vergognarci.”
Insieme all’attore ha percorso il tappeto rosso anche Anna Mazzamauro e Plinio Fernando alias Mariangela, la figlia di Fantozzi.