Viaggio nei paesaggi di Turner
di Cinzia Mentullo –
Ruvido e asciutto come lo stravagante protagonista, scorrevole come la semplicità della storia che racconta, imprevedibile come la pittura di Turner, il film di Mike Leigh è un viaggio sorprendente nell’Inghilterra della prima metà dell’‘800, che seduce poco a poco e alla fine quasi ipnotizza. Racconta gli ultimi vent’anni di vita del famoso pittore paesaggista inglese, magistralmente interpretato da Timothy Spall e caratterizzato fin dalle prime sequenze da un’esteriorità respingente e grottesca.
Come se non fossero sufficienti a descriverne la sgradevolezza il linguaggio fatto di grugniti e le smorfie deformanti del viso, che mai si atteggia a naturale compostezza, Turner mostra di avere un rapporto tormentato e violento anche con la tela. Per tutto il film lo vediamo maneggiare il pennello come un pugnale, sputare sui quadri per sfumare i colori e ottenere quell’aria di tempesta o quel cielo plumbeo tanto cercati, imbrattare di rosso un quadro esposto in mostra per farsi burla dei suoi colleghi parrucconi.
A parte la pittura nella vita di Turner esiste solo il rapporto con l’amatissimo padre: l’anziano barbiere lo accudisce accogliendone felice il ritorno a casa, organizzandogli le esigenze spicciole di quotidianità domestica, preparandogli addirittura i colori per dipingere. Il rapporto del protagonista con le donne è inesistente, oggi verrebbe definito un misogino. Turner evita l’ex moglie come la peste bubbonica, non dedica neanche uno sguardo distratto alla nipote appena nata e non parteciperà al funerale della figlia. Amerà solo l’anziana vedova Booth, dai tratti accoglienti e materni, che gli resterà accanto fino alla morte.
Forse ancora più coinvolgente del personaggio è la ricostruzione ambientale. Il film è didascalico, prezioso e quasi morboso nella descrizione delle abitudini dell’epoca vittoriana in cui si muove: pare di percepire l’aria viziata delle stanze poco arieggiate e gli afrori dei corpi umani poco avvezzi al contatto con l’acqua.
Un film fatto di dettagli minuziosi e di contrasti stridenti, compresso nelle atmosfere poco illuminate degli interni domestici e improvvisamente squarciato dalla vegetazione morbida di rassicuranti colline o dalla luce pungente di paesaggi marini sferzati dal vento. Un film dove bellezza e grottesco, ricerca dell’estetica pittorica e sciatto abbandono del corpo, vita e morte si mescolano e restano inscindibili. E quando le luci si accendono sui titoli di coda si esce dalla sala con l’illusione di aver visto il mondo con gli occhi di Turner, per il tempo breve occupato dalla pellicola.
Due ore e mezza di piacere ininterrotto per esteti raffinati (con vette di raro godimento per gli anglofoni).
Multisala OXER di Latina, proiezione unica alle ore 19,00. Valutazione: 3,5 stelle su 5.