Gabriele Munter, la donna di Kandinskij.
di Luisa Belardinelli –
“Non era bella Gabriele, o per lo meno, non di una bellezza prorompente, di quelle che colpiscono a prima vista. Kandinsky la definiva la sua “sorgente di vita”, la sua “messaggera divina” la rappresentava, nel 1905, in un ritratto senza adulazione, in cui il fascino della femminilità è tutto racchiuso nella trasparenza della camicetta e nell’evidenza della sciarpa azzurra legata con fiocco, mentre il volto rimane serio, le labbra senza sorriso”. (Jolanda Leccese, donnarte.com)
Gabriele Munter prima di diventare la compagna del celebre pittore e teorico dell’arte russa, Wassilj Kandinskij, eclettico esponente dell’arte avanguardista e padre dell’arte astratta, fu dapprima sua allieva. Ma chi e’ Gabriele Munter? Solo gli esperti d’arte potrebbero illuminarci nel modo migliore ad esaltare tale donna, forse troppo nascosta dal mondo culturale di allora. Fortunatamente è iniziato un percorso conoscitivo di tale artista attraverso mostre e personali in tutta Europa.
L’insegnamento che l’artista ricevette da Kandinskij fu antiaccademico e antitradizionalista, coerente pertanto con lo stile di vita degli artisti d’avanguardia. Superato di gran lunga l’Impressionismo e il modello naturale, Gabriele Munter si avvicinerà ad “una composizione bidimensionale, a linee di contorno scarne e chiare, a una riduzione dei dettagli, in combinazione con un impiego del colore estremamente coraggioso, che sempre più si distacca dal modello naturale”.
Gabriele è una delle esponenti del cambiamento della cultura europea artistica. La nuova espressione d’arte più che raccontare doveva esprimere emozioni. Essa attraverso l’opera “Natura morta con San Giorgio”, parteciperà alla creazione dell’Almanacco, il Blauer Reiter, insieme ai grandi artisti dell’epoca: Franz Marc, Jawlensky, Macke, e, più tardi, Klee.
Qualche anno più tardi, nel 1916 l’amore tra Gabriele Munter e Kandinskij finì. Con dolore Gabriele si riprese dall’abbandono. Ritrovò dopo parecchi anni, nel 1926, un sano equilibrio, grazie al suo secondo compagno, il critico d’arte Johannes Eichner.
Nel 1957 donò alla Städtische Galerie di Monaco centoventi dipinti giovanili di Kandinskij e trenta propri appartenenti al periodo prima della guerra che risulteranno utilissimi alla rilettura storica dell’arte di entrambi gli artisti.
Muore a Murneau nel 1962 a ottantacinque anni, dopo la sua partecipazione alla XXV Biennale di Venezia.
In Gabriele Munter molte donne potrebbero riconoscersi. Donne di una forte identità ma che per scelta o per necessità decidono di fare un passo indietro e lasciare che sia il proprio uomo ad emergere e che possa lui stesso a trionfare nella società.
Erano anni in cui il ruolo femminile ancora non era ben identificato nel mondo dell’arte, anni di guerra sociale e culturale.
Oggi qualcosa è cambiato, i ruoli di potere si confondono, si scambiano. Poniamo come esempio il premio Nobel. Non più donne da premiare come parte femminile di una coppia bensì figure visibili perché indipendenti e affermate grazie al loro intelletto e alla loro forza.
Attenzione però sappiamo bene che il percorso è lungo; oggi viviamo l’enfasi del possibile: anche una donna può avere incarichi dirigenziali, può andare sulla luna, dirigere una squadra di calcio maschile, diventare Presidente di uno Stato o un’icona artistica contemporanea; tutta questa lecita eccitazione della donna al potere, dovrà, per durare a lungo, necessariamente stabilizzarsi e diventare consuetudine. Semplicemente una ‘cosa normale’ dove i meriti sono al di sopra del sesso di appartenenza. Gabriele Munter come molte altre artiste di quell’epoca è icona di attesa elegante di questo cambiamento sociale e allo stesso tempo è portatrice grintosa di un’arte al femminile oggi come allora esplodente.