L’anticonformismo che fece carriera
di Federica Nitti
Nilde Iotti. E D Essere Donna la ricorda a quindici anni dalla sua morte
“Imparate da Lei!” disse Palmiro TogliattiColpito dal suo irresistibile fascino, quello di una donna dalle grandi capacità intellettive, in grado di colmare uno dei grandi gap tuttora persistenti tra uomo e donna: l’esclusione del genere femminile dalle decisioni politiche e il potere
Mi sono sempre chiesta, in realtà, quanta fatica debba aver fatto Nilde Iotti ad imporre se stessa all’Italia, non solo politica, esattamente così com’era. Sfidando lo Stato, il partito (quello Comunista) ancora così radicati a certe convenzioni, a certi comportamenti che all’epoca erano talmente granitici da non poter nemmeno immaginare una carriera politica, una vita privata, come la sua.
Nilde Iotti nasce a Reggio Emilia nel 1920 da una famiglia antifascista. Il padre sindacalista, socialista, impiegato nelle ferrovie dello Stato permette a sua figlia di studiare all’Università Cattolica di Milano, citando le parole di Nilde: “E’ meglio stare con i preti, che con i fascisti.”
Così la ragazza, laureata in Lettere e Filosofia, intraprende la carriera da insegnante presso un Istituto Tecnico Industriale locale.
La sua personalità dinamica e anticonformista la porta nel 1943 a operare nella Resistenza, occupandosi dei “Gruppi di difesa della donna”, che contribuirono notevolmente alla lotta contro i nazifascisti.
Aveva un portamento elegante, lunghi capelli sciolti sulle spalle e uno spiccato talento politico. Iniziò, col suo fascino e la sua intelligenza, una brillante carriera all’interno di Montecitorio. Dopo il Referendum del 2 giugno del ‘46, grazie al quale venne riconosciuto alle donne il diritto di voto e furono così “considerate, dal punto di vista politico, cittadine a pieno titolo”, lei, allora ventiseienne. fu eletta Deputato alla Costituente (1946) e subito dopo alla Camera e in tutte le legislature successive. Fu anche Membro del Comitato centrale del PCI (dal 1956), fino a quando (nel 1962) entrò nella direzione del partito.
L’apice della carriera fu quando fu chiamata a ricoprire (nel giugno del ’79) una delle più alte cariche dello Stato: Presidente della Camera dei Deputati, carica che mantenne fino all’aprile 1992.
La sua vita politica s’intrecciò anche con la sua vita privata e la sua liaison con Palmiro Togliatti, seppe resistere a tutti gli attacchi, soprattutto all’interno del Partito, considerando che lui all’epoca 53enne, era sposato e con un figlio.
Lei vinceva però, emergeva su tutto, portava avanti l’idea dell’emancipazione della donna attraverso il lavoro e anche la sua attività parlamentare con una condotta interamente di rigore, costanza e semplicità. Il suo fu un tentativo (riuscito) rivoluzionario e coraggioso, che scardinò la vecchia politica sociale di Mussolini, secondo cui: “Il lavoro costituisce per la donna non una meta, bensì una tappa della sua vita, da risolversi, prima possibile, con il rientro nell’ambiente domestico”.
La nuova Costituzione assicurerà il diritto al lavoro “senza differenza di sesso”.
E Nilde, va oltre, manifestando la propria contrarietà a inserire nella Costituzione il principio dell’indissolubilità del matrimonio “considerandolo tema della legislazione civile”, focalizza la sua attenzione sulla maternità, non più intesa come “cosa di carattere privato”, bensì come “funzione sociale” da tutelare.
Penso ad oggi, non c’è dubbio che ancora oggi la politica rimane organizzata secondo il modello della società maschile e patriarcale; il potere è vecchio. Per migliorare è necessario abbattere i pregiudizi e affidare a donne ruoli apicali.
E’ il 4 dicembre 1999, quando la signora della politica esce dalla scena. Una donna così, ancora oggi, sarebbe stata preziosa per tutti noi. Anche per gli uomini.