ED Cultura

Non innamorarti di una donna che legge!

di Marina Bassano

Non innamorarti di una donna che legge, di una donna che sente troppo, di una donna che scrive.
Non innamorarti di una donna colta, maga, delirante, pazza.
Non innamorarti di una donna che pensa, che sa di sapere e che, inoltre, è capace di volare, di una donna che ha fede in se stessa.
Non innamorarti di una donna che ride o piange mentre fa l’amore, che sa trasformare il suo spirito in carne e, ancor di più, di una donna che ama la poesia o di una donna capace di restare mezz’ora davanti a un quadro o che non sa vivere senza la musica.
Non innamorarti di una donna intensa, ludica, lucida, ribelle, irriverente.
Che non ti capiti mai di innamorarti di una donna così.
Perché quando ti innamori di una donna del genere, che rimanga con te oppure no, che ti ami o no, da una donna così, non si torna indietro.
Mai.
(Martha Rivera Garrido)
Poco ci sarebbe da aggiungere alla poesia della Garrido, che racchiude in poche righe molte dinamiche uomo-donna ben note ai giorni nostri. Poesia provocatoria, costruita su un unico grande elenco di negazioni, che cela tra le sue righe il vero motivo che spinge alla poesia.

Martha Rivera Garrido è una scrittrice, poetessa, traduttrice, nata a Santo Domingo nel 1960, attiva da sempre per la causa femminile, nel 1996 vince il Premio Internazionale “Novela Casa de Teatro” per la sua prima opera “Ho dimenticato il tuo nome”. Nel 1998 scrive e dirige il documentario “Artisti ad Aprile”, per raccontare la Rivoluzione d’Aprile del 1965. I suoi testi utilizzano un linguaggio provocatorio, denso di filosofia per recapitare messaggi pieni di impegno.

Una scrittrice che si definisce: iconoclasta, cool, libertaria, ribelle, bella, nevrotica, scrittrce, donna, madre, figlia, nonna, sposa, sorella, zia, fidanzata, amica, dominicana, insonne, distratta, azzurra, disobbediente.

Tra gli articoli del suo blog subocaessumedida.wordpress.com, uno colpisce per la durezza dell’affermazione:

“Sono meravigliose le donne. Per questo chiedo a Dio ogni giorno che mi liberi dal convertirmi in una di loro”.

Nel suo stile volutamente provocatorio e scandaloso, la Garrido elenca una serie di caratteristiche che la annoiano del genere femminile, sempre potando all’estremo il contenuto e inducendo a una lettura dietro la superficie delle sue parole. Critiche certo durissime, ma in molti casi fanno riflettere su comportamenti discutibili del genere femminile che passano per la normalità, e che definiscono certe prassi comuni date per buone, quando sono solo frutto di retaggi culturali, nelle azioni comunemente destinate alle donne.

Tornando alla poesia d’apertura, racchiude l’essenza di ciò che invece nelle donne non annoia, al contrario di quelle che cucinano per i mariti e se non lo fanno bene è un peccato mortale; delle donne che si lamentano se non lavorano ma non fanno niente per trovarlo; delle donne che accettano e non protestano. L’intensità di una donna attiva, che esce dagli schemi e che abbraccia tutti quegli interessi, che si forma in una mente propria, che non si ferma al quello che altri decidono per lei, e aggiungeremmo noi, che viaggia, che vede e conosce le cose direttamente, è pericolosa per uomini abituati ad altro. Ed è difficilmente gestibile e controllabile dal “sesso forte”. Una donna che sa di sapere, consapevole a pieno del suo bagaglio, della sua formazione e del suo bastarsi. Della sua completezza e della sua autonomia, cosi assoluta e cosi bella nella sua totalità. Perché è da questa totalità che non si fa marcia indietro, perché non è facile da trovare e perché il suo essere speciale arriva fino alla parte più profonda, ti scava dentro e lì resta. Non sulla superficie, dove passa un’altra e la cancella.

Questa poesia è diventata abbastanza famosa, rimbalzando da un sito internet all’altro, nelle pagine al femminile e nei blog, salvo qualche post più in là cancellare il suo vero significato con altri post strappalacrime su amori non corrisposti, di donne che si piangono addosso. Vorremmo dunque che queste parole così importanti per tutte fossero lette e comprese, soffermandosi un attimo sulla loro aderenza nella nostra vita. Affinchè la condivisione non sia solo virtuale, e affinchè non basti premere un pulsante per condividere, ma che la condivisione stessa avvenga in maniera reale e personale.

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